Di Roberto Renzi - 2/10/2016
- Rassegna delle macchine che hanno circolato sulla Rete Filoviaria Riminese dal 1939 al 2009.
Foto 1:
Il FIAT 656E
è il modello filoviario più evoluto del periodo che precede la Seconda Guerra
Mondiale. La carrozzeria CaNSA di Novara vi adattò diversi tipi di carrozzeria,
il cui aspetto, inizialmente squadrato, evolse nelle forme più morbide della
versione prodotta dal 1938, oltre che per la Rimini–Riccione, per varie reti
italiane (Torino, Firenze, Venezia Mestre) e per la filovia Anzio–Nettuno
(quattro vetture che nel dopoguerra furono rilevate dalla città di Livorno).
Vetture similari furono vendute anche all’estero (Atene).Contrariamente ad altre vetture prodotte in quegli anni, dotate di posto guida centrale, la guida era a destra.
La cassa, interamente metallica con ossatura in profilati d’acciaio saldati elettricamente, poggiava su un telaio in lamiera stampata, munito di rinforzi disposti a croce di Sant’Andrea; le sospensioni erano a balestra. All’interno, dei 24 posti a sedere con sedute e schienali realizzati in legno e privi di imbottitura, 16 erano disposti trasversalmente ed 8 longitudinalmente, dei quali 3 sui “passaruota” anteriori e 5 sui posteriori dove, sulla fiancata destra, si trovava anche il sedile del bigliettaio. I sedili disposti tra i due assi lungo la fiancata sinistra erano tutti doppi (6 coppie). Tutti i finestrini, tranne quello in corrispondenza del posto bigliettaio, erano formati da due cristalli, di cui uno mobile con bloccaggio a cremagliera; lo sblocco avveniva agendo su due levette poste sul bordo superiore. Questa soluzione avrebbe costituito lo standard per i mezzi urbani fino alla fine degli anni sessanta.
L’avviatore automatico era di tipo PCM (Pneumatic Control Master) e consisteva di un cilindro combinatore pneumatico comandato dal “pedale di marcia”, che determinava nelle posizioni 1 e 2 l’inserimento di tutte o di parte delle resistenze, nelle posizioni 3, 4 e 5 (dette di bassa, media e alta accelerazione) la connessione in parallelo dei due motori tipo CV 1131. Questi erano calettati su ciascun semiasse posteriore, che era del tutto indipendente: si aveva cioè una sorta “differenziale elettrico”. La frenatura esclusivamente pneumatica (Westinghouse) e la completa mancanza di scaldiglie interne (almeno fino agli anni sessanta) erano due aspetti non particolarmente felici di queste vetture. I tamburi del freni, che all’uscita dal deposito nelle mattinate invernali erano freddi e poco efficienti, tendevano poi a surriscaldarsi, dovendo contrastare la marcia favorita dall’effetto volano del motore elettrico.
Il frontale di questi filobus era caratterizzato dall’abbondante ricasco del tetto che ospitava l’indicatore di percorso (inizialmente munito di cartello metallico, sostituito nel dopoguerra da una tela a scorrimento) cui sottostavano due cristalli apribili all’infuori per convogliare la corrente d’aria verso il conducente e bloccabili in posizione aperta per mezzo di galletti. (Foto collezione R.R.)
Foto 2:
Le unità
1009 e 1010, danneggiate piuttosto gravemente dagli eventi bellici, furono
inviate alla Carrozzeria Dalla Via di Schio, che le riconsegnò ricostruite
senza particolari varianti. Tra il 1964 e il 1966 le vetture 1001, 1004 e 1007
furono sottoposte ad una completa revisione della cassa, che comportò la
trasformazione del frontale, con l’adozione di due ampi cristalli fissi al
posto di quelli d’origine e l’allargamento della finestrella dell’indicatore di
percorso. Nella foto il filobus 1001 a Riccione il 22 agosto 1968 (collezione
Gregoris)
Foto 3:
Un’estetica
simile ai 656E avevano le due vetture del più corto e datato modello 635E, del
quale furono forniti dalla FIAT esemplari molto simili, ma con diverso
equipaggiamento elettrico, alle reti di Ferrara e Bari. A parte le dimensioni,
le differenze tra i due modelli riguardavano soprattutto la parte meccanica: a
differenza dei 656E, i 635E avevano infatti i due motori (del tipo CV 1035)
racchiusi in una carcassa unica, un solo albero motore e differenziale a
ingranaggi epicicloidali al ponte posteriore.
Questi
filobus, dalla capacità assai limitata, furono subito oggetto di critiche anche
per lo scarso confort di marcia e finirono per essere chiamati affettuosamente
dai tranvieri “Caroline”. Nelle intenzioni dovevano servire per le corsette tra
Rimini centro e Marina; questo tipo di servizio non fu però più effettuato nel
dopoguerra e così le unità 1005 e 1006 (una numerazione poco razionale, che
spezzava la continuità del gruppo di filobus 656E) dovettero farsi carico delle
corse Rimini–Bellariva e Rimini–Miramare, spingendosi in caso di necessità fino
a Riccione. Nei mesi invernali, ovviamente, le “Caroline” venivano accantonate:
una controprova è data dall’annotazione «scaldiglie non esistono» apposta a
penna sul libretto delle visite e delle prove delle due vetture nel corso
dell’ultima visita dell’Ispettorato compartimentale della Motorizzazione Civile
cui furono sottoposte, il 15 luglio 1966, mentre i 656E ne erano stati dotati
alcuni anni prima. L’unità 1005 rimase inservibile fino al 1950 per danni di
guerra; alla ricostruzione provvide l’officina aziendale.
L’accantonamento
definitivo dei 635E, cui fece seguito la demolizione, avvenne al termine della
stagione estiva 1967. All’arrivo dei filobus Alfa Romeo-CGE ex Brescia, la
stessa numerazione 1005-1006 fu trasferita (anche materialmente, cioè con le
cifre metalliche smontate dagli stessi 635E) sulle prime due vetture di questo
tipo entrate in servzio. Nella foto di Davide Minghini, una
"Carolina" in piazza Tre Martiri mentre si appresata ad effettuate
una corsa bis per Bellariva il 2 settembre 1964.
Foto 4: Fiat 656 (Disegno R.
Bugli)
Foto 5: Fiat 635 (Disegno R.
Bugli)
Foto 6: Caratteristiche tecniche
dei filobus 656E e 635E.
Foto 7:
Con i
modelli 401UM (autobus) e 2401FM (filobus), lanciati dalla Casa torinese nei
primi anni cinquanta, si realizzò per la prima volta in Italia sia la
differenziazione dei modelli pensati per il servizio urbano rispetto alle
“corriere” extraurbane, sia l’unificazione del telaio per la costruzione di
autobus e di filobus.
Tra le due
versioni, la prima ad essere prodotta fu proprio quella filoviaria: con sedici
2401FM, dotati di equipaggiamento elettrico TIBB, fu inaugurata il 25 ottobre
1953 la rete urbana di Parma. Nello stesso anno si dotarono di filoveicoli del
medesimo tipo le città di Modena (due unità con parte elettrica Marelli) e
Avellino (un’unità equipaggiata Ocren) e l’ATM di Torino ricevette le prime
vetture della serie 1100–1111, che si distinguevano dalle precedenti per
l’equipaggiamento CGE. La FIAT aveva infatti mirato all’obiettivo della
intercambiabilità tra i diversi equipaggiamenti, avendo predisposto in
collaborazione con le principali Case Elettromeccaniche l’unificazione degli
attacchi dei principali organi costituenti l’equipaggiamento di trazione.
Alla CGE si
rivolsero le società di gestione partecipate dalla FIAT per la motorizzazione
dei 2401 destinati a potenziare il servizio filoviario nelle città di Sanremo e
Rimini. Nel 1954 fu consegnato alla STEL, esercente la rete della città ligure,
l’intero gruppo 51–56, mentre i cinque filobus per la Rimini–Riccione (SITA)
furono prodotti in tre lotti e la consegna, iniziata nel 1954, terminò nel
1956.
I filobus
modello 2401 costruiti per Rimini (denominati nei documenti ufficiali “2401 FU”
invece che “FM”) erano equipaggiati con il motore CV 1218, a quattro poli,
tarato alla potenza di 120 kW e in grado di ricevere una corrente fino a 200
Ampère a 1850 giri al minuto ed alla tensione continua di 600 Volt.
L’equipaggiamento di comando, tipo MRA, era costituito da una serie di
contattori a comando elettromagnetico che, sotto l’azione del controller
ausiliario manovrato a pedale e di relais di accelerazione e marcaposizioni,
determinavano l’inserimento e il disinserimento delle varie resistenze e
l’indebolimento di campo del motore, nella sequenza necessaria per ottenere le
variazioni di velocità desiderate.
Un
motocompressore CP 37 assicurava il funzionamento degli impianti pneumatici per
la frenatura ed il comando delle porte. Il pedale del freno, nella prima posizione,
metteva in azione la frenatura elettrica. Questa era ottenuta per mezzo dello
stesso motore di trazione, che eccitato con la corrente a 24 V della dinamo,
funzionava da generatore, corto-circuitandosi su un gruppo delle resistenze di
avviamento. Alla frenatura elettrica si aggiungeva, nella seconda posizione,
l’effetto del sistema ad aria compressa (Westinghouse).
Tra le
caratteristiche innovative, comuni al modello 401UM (autobus), spiccava il
ponte posteriore ribassato, ottenuto con un gruppo di riduzione conico centrale
e gruppi di riduzione cilindrici adiacenti alle ruote, che consentiva di
mantenere tutto il pavimento del mezzo ad altezza costante con soli due gradini
di accesso. Le sospensioni erano costituite da molle a balestra semiellittiche
ancorate alla cassa e integrate da ammortizzatori telescopici a doppio effetto.
Nella foto,
la vettura 1014 a Riccione in epoca SITA (1959). Collezione R.R.
Foto 8:
La
carrozzeria, prodotta dalla CaNSA di Novara, era realizzata con lamiere di
alluminio rivettate ed era unita rigidamente al pianale (carrozzeria
semiportante).
Al posto
guida di questo modello si accedeva per mezzo di una porta a battente: per
salire il guidatore si appoggiava, con il piede sinistro, sul mozzo della
ruota. La porta era necessaria perché nella versione autobus il motore Diesel,
collocato a sbalzo sull’avantreno, impediva l’accesso dall’interno. Le più
modeste dimensioni del motore elettrico nella versione filoviaria facevano
all’opposto apparire vuoto lo spazio a sinistra del conducente: quasi un metro
e mezzo di lunghezza “non utile”!
I venti
sedili, nella versione riminese non imbottiti e realizzati in bachelite color
marrone scuro, erano disposti secondo il senso di marcia (a coppie quelli lungo
il lato destro); se disposti sui passaruota erano invece orientati
ortogonalmente al senso di marcia. Di una leggera imbottitura era dotato il
posto del bigliettaio, costituito dal classico seggiolino ribaltabile.
I finestrini
erano sovrastati da alette parapioggia in materiale sintetico. L’illuminazione
interna era ottenuta con due file di lampade a incandescenza, innestate a
baionetta su plafoniere prive di schermo di protezione, una tipologia che
caratterizzerà tutti i mezzi acquistati dall’azienda riminese fino alla fine
degli anni sessanta, e in qualche caso anche oltre. Il bigliettaio disponeva di
una lampada supplementare a comando individuale.
Disegno
A.Betti Carboncini
Foto 9:
I filobus
2401 destarono, a Rimini come altrove, l’ammirazione del pubblico per
l’eleganza e la modernità delle linee. Il design – che CaNSA riprenderà nei
successivi modelli da 11 metri (autobus 411 e filobus 2411) – era quanto di
meglio potesse esprimere l’evoluzione stilistica degli anni cinquanta: la cassa
aveva linee morbide e avvolgenti, con la caratteristica calandra in rilievo
intorno ai gruppi ottici. La distanza tra i finestrini variava leggermente, in
modo da farli apparire, grazie anche alla sagomatura del bordo, come accoppiati
a due a due. La coloritura, nei due toni di verde prescritti dalla legge per i
mezzi urbani, in origine era impreziosita da un elegante fregio (soppresso poi
negli anni sessanta), della stessa tonalità di verde della parte bassa della
cassa: tracciata sul ricasco del tetto, questa decorazione conferiva a tutta la
carrozzeria una linea filante ed “aerodinamica”.
La
ricoloritura in arancione-crema fu adottata, nel 1971, sulla sola unità 1011;
le altre giunsero con la livrea “biverde” fino alla fine dei loro giorni.
Foto N.
Bianchini, piazza Tripoli 1974 (si notino gli scambi aerei soppressi proprio in
quell'anno).
Foto 10: Scheda tecnica dei
filobus FIAT 2401FU.
Foto 11:
L'
"Ammiraglia".
Il telaio
FIAT 411-2411, in produzione dagli anni cinquanta e derivato dal 401-2401, a
partire dal 1963 fu vestito dalla carrozzeria Menarini con una cassa
dall’estetica particolarmente felice, che ancora oggi desta ammirazione e che a
suo tempo valse all’unità 1041 dell’ATAM il soprannome di “Ammiraglia” della
flotta filoviaria riminese.
Le reti di
Modena, Parma, San Remo e (limitatamente a un solo esemplare ciascuna) Perugia
e Rimini furono destinatarie di questo modello. Per uniformità con i filobus
delle generazioni precedenti, la vettura costruita per l’ATAM di Rimini
ricevette un equipaggiamento elettrico CGE (motore tipo CV 1225T) con avviatore
MRA; il combinatore di manovra, azionato a pedale, realizzava 11 posizioni di
avviamento.
Analogamente
ai filobus tipo 2401, la prima e l’ultima di tali posizioni erano “a campo
shuntato”, collegate cioè in parallelo ad una resistenza (shunt) che escludeva
delle sezioni di avvolgimento di campo dei motori, permettendo così una
maggiore accelerazione.
Le altre
caratteristiche tecniche, come la frenatura pneumatica ed elettrica, non erano
dissimili da quelle del modello 2401. Lo schema di coloritura originale era il
consueto doppio verde.
Foto
Gregoris, Riccione 1968.
Foto 12:
L’esemplare
costruito per la Rimini–Riccione si distingueva da quelli consegnati alle altre
reti italiane per un leggera modifica (qualche centimetro in meno) all’altezza
della cassa, misura ritenuta necessaria affinché il filobus potesse transitare
senza problemi nel sottopassaggio. Esteriormente, ciò comportò l’adozione di
cristalli frontali a superficie unica, senza i due “vetrini” sul bordo
superiore che caratterizzavano la cassa standard prodotta da Menarini, nelle
sue linee generali identica per il filobus 2411 e per l’autobus 411 (presente
pure nel parco ATAM con le unità 1023 e 1024). Questa leggera modifica alle
dimensioni generali ebbe l’effetto di rendere ancor più sobria e filante la
linea della 1041.
Superata la
visita per l’ammissione al servizio il 23 luglio 1964 e subito considerata dai
tranvieri un mezzo eccezionale (era il primo filobus da undici metri e il primo
dotato di servosterzo), la vita operativa dell’”Ammiraglia” ATAM fu
relativamente breve.
Disegno R.
Bugli.
Foto 13:
Ricolorita
in arancio-crema durante la revisione generale del febbraio 1973, prestò servizio
fino al giugno 1978. Non riuscì ad evitare l’accantonamento e la successiva
cannibalizzazione, per donare motore ed organi di presa di corrente agli ultimi
filobus Volvo in costruzione presso la Mauri & C. di Desio. Il relitto
della 1041, verso il quale i guidatori filoviari – un po’ delusi dall’esordio
dei nuovi filobus – rivolgevano sguardi nostalgici («almeno quella si poteva
salvare!»), restò nel cortile della sottostazione di viale Cappellini fino al
1981, quando il telaio venne alienato come parte di ricambio all’azienda di San
Remo, città nella quale i 2411 Menarini avrebbero continuato a funzionare fino
al 1992.
Pur dotata
di servosterzo, la vettura 1041 non possedeva un raggio di volta maggiore di
quello delle consorelle da dieci metri e mezzo 1011–1015. Il tranviere
particolarmente bravo era quello che riusciva a farle compiere “di prima”,
senza nemmeno un metro di retromarcia, lo stretto anello del capolinea di
Riccione!
Foto N.
Bianchini in piazza Tre Martiri, maggio 1978.
Foto 14: Dati tecnici della
vettura 1041.
Foto 15: Il modello in scala
1:87 della 1041 costruito da Enrico Nigrelli.
Foto 16:
Tra il 1959
e il 1961 la carrozzeria Casaro di Torino consegnò all’Azienda Servizi
Municipali di Brescia (SSMM, poi ASM) otto filobus costruiti con struttura a
cassa portante “Tubocar” su telaio Alfa Romeo 910 ed equipaggiati con motore
CGE CV 1227A. Il sistema di avviamento era il collaudato MRA, con 7 contattori
per l’esclusione delle resistenze.
Si trattava
di vetture molto innovative per l’epoca, munite di guida a sinistra e tre porte
doppie per la movimentazione dei passeggeri, la quale risultava agevolata anche
dal piano di calpestio che, sebbene molto elevato (circa un metro) rispetto al
piano stradale, si trovava ad altezza costante per tutta la lunghezza della
vettura.
L’assorbimento
massimo di corrente era di 190 Ampère a 1950 giri al minuto. I dispositivi di
frenatura erano costituiti da un freno di servizio pneumatico tipo Westinghouse
agente su tutte le ruote con comando a pedale, integrato da un rallentatore
elettrodinamico di concezione simile a quello dei filobus FIAT 2401; anche il
motocompressore era dello stesso modello CP 37.
I sedili
erano del tipo con ossatura metallica, seduta e schienale in laminato,
diffusosi un po’ su tutti i mezzi urbani all’inizio degli anni sessanta. Un
particolare curioso era… lo schienale del sedile del bigliettaio, imbottito nei
cinque esemplari costruiti nel 1959 e costituito da un pezzo di legno sagomato
nei tre del 1961.
Nella foto,
la vettura 1005 il 25 agosto 1968, al capolinea di Miramare (foto Perego)
Foto 17:
La foto,
tratta da una pubblicazione dell'epoca, mostra l'igegnoso sistema, inventato
dall'officina aziendale, con il quale furono trasferite a Rimini le otto
vetture filoviarie. Si trattava di un motogeneratore montato su un carrello (la
"biga"), che forniva al filobus la corrente necessaria alla marcia.
I filobus
Alfa Romeo, una volta trasferiti a Rimini nell’inverno 1967-’68 e sottoposti ad
un leggero restyling (la modifica più evidente fu la semplificazione
dell’indicatore di linea anteriore, con soppressione del cassonetto portante la
veletta del numero, sovrapposto a quella con l’indicazione della destinazione),
furono immessi in servizio un po’ alla volta. I primi due furono, al principio
dell’estate 1968, gli ex ASM 57 e 58, che assunsero la numerazione 1005 e 1006,
già dei FIAT 635E, prime “vittime sacrificali” dei nuovi venuti.
Foto 18:
L’unità
1005, ricolorita nel 1972 in arancione e crema, fu anche l’ultima a essere
dismessa. Insieme alla 1014 ed alla 1041 ebbe, per così dire, il privilegio di
circolare per qualche settimana (tra i primi di maggio e i primi di giugno del
1978) insieme ai nuovi filobus Volvo.
In arancione
e crema era verniciata – fin dal giorno del collaudo per l’ammissione in
servizio (18 giugno 1970) – pure la vettura 1043 (nella foto, ex ASM 64),
ultimo filobus Alfa Romeo a diventare “riminese” e, insieme alla 1042 (ex ASM
62) entrata in servizio il 24 luglio 1969, uno dei due a non aver ricevuto il
numero di un filobus della dotazione d’origine del 1939. Fino all’estate 1971
risultavano infatti ancora nel parco quattro FIAT 656E (1004, 1007 e 1008, più
la 1001 accantonata fuori uso), le cui matricole non verranno “ereditate” che
dai filobus Volvo.
La marcia degli
Alfa Romeo, la cui meccanica era particolarmente raffinata, si rivelò alquanto
più dolce di quella dei 2401 e dello stesso 2411, che all’avvio riservavano ai
passeggeri un piccolo scossone e il cui sistema di comando si “faceva sentire”
con il caratteristico ticchettìo originato dal disinserimento delle resistenze.
La “voce” delle “bresciane” era all’opposto una modulazione continua,
addirittura un vero e proprio sibilo nell’unità 1006!
Foto D.
Minghini.
Foto 19:
Marina
Centro, 1973. La "bresciana" 1003 in sosta alla fermata 10 (foto N.
Bianchini).
Di seguito,
la rinumerazione delle varie vetture nel passaggio da Brescia a Rimini:
ATAM 1002 ex
ASM 59
ATAM 1003 ex
ASM 63*
ATAM 1005 ex
ASM 57
ATAM 1006 ex
ASM 58
ATAM 1009 ex
ASM 61
ATAM 1010 ex
ASM 60
ATAM 1042 ex
ASM 62*
ATAM 1043 ex
ASM 64*
I filobus con l'asterisco (*) erano stati consegnati
all'ASM nel 1961; gli altri erano del 1959.
Foto 20: dati tecnici filobus
“ex Brescia”.
Foto 21:
Il 30 maggio
1973 il capo deposito dell’ATAM effettua una visita all’AMT di Genova. Sono gli
ultimi giorni di attività delle filovie genovesi (le ultime due linee
cesseranno il 10 giugno) e tra le circa settanta vetture filoviarie ancora
esistenti nelle rimesse della città della Lanterna, tutti mezzi con almeno venti
anni di anzianità, alcune si trovano nella condizione di poter essere alienate.
Tra queste,
i tre filobus tipo FIAT 668F/210 del 1953, ultimi rimasti del gruppo 2226–2230,
dopo la vendita alla filovia di Chieti delle unità 2227 e 2230, avvenuta nel
1963. Poiché nello stesso anno la 2229 fu rinumerata 2227, i numeri dei tre
filoveicoli sono 2226, 2227 e 2228.
Comincia
così, con la verifica della quota massima di ingombro verticale (necessaria per
la compatibilità con l’altezza del sottopassaggio), la storia del trasferimento
a Rimini di questi mezzi, che sulla rete del capoluogo ligure avevano fatto
servizio in particolare sulle linee del levante.
Nella sua
relazione alla direzione, il capo deposito rileva che occorre attuare un
leggero abbassamento dell’altezza massima da terra, dato che quella ammessa è
di 3,52 metri, e dichiara che, nonostante la tensione nominale d’esercizio
inferiore (550 Volt a Genova), i tre filobus sono utilizzabili sulla
Rimini–Riccione.
Il
trasferimento avviene tra la fine di giugno e l’inizio di luglio: le vetture,
all’apparenza molto più antiquate degli stessi FIAT 2401, sono accolte nel
deposito di viale Baldini dalla perplessità dal personale. I sedili di legno
logori, il posto guida che ricorda quello dei mezzi d’anteguerra suscitano
facili battute… Anche l’equipaggiamento elettrico TIBB (motore tipo GLM 1304C e
apparato di azionamento APNLF) è del tutto sconosciuto ai tecnici, abituati ad
avere a che fare con componenti CGE.
L’impiego
dei tre 668 fu limitato a poche settimane tra il settembre 1973 e l’agosto
1974. Seguì un lungo periodo di accantonamento lungo i viali della Marina fino
alla formale cessazione dal servizio che avvenne nel 1976. Pur essendo i gruppi
elettrici di un altro costruttore, anche le parti dei tre “genovesi”,
opportunamente rigenerate, furono inviate all’Ansaldo (Società “erede” della
tecnologia CGE) per essere adoperate nell’allestimento dei filobus della nuova
generazione.
Foto Aberson
(coll. Gregoris), a Miramare luglio 1974. Si noti che sulla fiancata vi è
ancora lo stemma della città di Genova.
Foto 22: dati tecnici filobus
“ex Genova”.
Foto 23: Filobus Fiat 688.
Foto 24:
FILOBUS MAURI-ANSALDO-VOLVO
"R59" (1976-2009)
L’autobus
urbano B59 fu prodotto in Svezia da Volvo tra il 1970 e il 1980 ed era
caratterizzato da un telaio semiribassato, a struttura saldata di tubi quadri e
rettangolari in acciaio, con il motore alloggiato nella parte posteriore ed il
piano di calpestio interno a 58 cm dal suolo (un valore eccezionale per
l’epoca) per due terzi della lunghezza complessiva. Un'altra caratteristica
rivoluzionaria era il ristretto raggio di volta ottenuto grazie alla
possibilità delle ruote anteriori di sterzare fino a 60°.
Rivestito da
diversi tipi di carrozzeria, il Volvo B59 venne venduto in tutto il mondo, ma
in Italia giunse solo nella versione filoviaria, versione peraltro non prodotta
in alcun altro paese.
Il primo
filobus su telaio B59-59 fu l’esemplare unico costruito per l’Azienda Trasporti
Municipale (ATM) di Milano nel 1975, numerato 001. In questo filobus il motore
di trazione era del tipo CGE CV 1227A da 110 kW e l’avviatore elettropneumatico
Marelli VASD; la carrozzeria, firmata dalle Officine Meccaniche della Stanga
(Padova), era in lega leggera.
Sulla stessa
base nel 1976 la Mauri & C. di Desio costruì per l’ATAM il filobus 1001,
con apparecchiature elettriche Ansaldo. Sul nuovo filoveicolo, che ricevette la
denominazione commerciale “R59” (in omaggio alla città di Rimini), la cassa era
costituita dall’unione mediante saldatura di profili estrusi in lega leggera di
alluminio, magnesio e silicio (norma UNI 3569-66), installati sul telaio previa
applicazione delle condotte per i cavi dell’alta e bassa tensione, realizzate
in acciaio e PVC.
La stessa struttura
venne applicata alle successive sedici unità costruite per l’azienda riminese
ed alle otto messe in cantiere alcuni anni dopo per la città di Cremona. In
riva all’Adriatico, la vita operativa di questi mezzi è stata lunghissima: le
ultime corse di un R59 sulla filovia Rimini–Riccione sono del settembre 2009.
Foto 25:
Ma torniamo
al prototipo del 1976 (1001), che qui vediamo il giorno della presentazione
alla cittadinanza, 22 giugno 1976 (foto D. Minghini). Inizialmente non era
provvisto di “marcia autonoma” e presentava molte differenze rispetto alle
unità prodotte in seguito. Il filobus tornò alla Mauri a fine anno e solo nel
1978 riapparve per le vie di Rimini e di Riccione. Prima del suo rientro in
servizio, fu notevolmente modificato per renderlo simile alle unità “di serie”.
Oltre all’installazione del gruppo ausiliario per il funzionamento fuori dalla
rete aerea, di cui si dirà tra poco, fu rivisto l’arredamento interno (quattro
posti a sedere in meno), la porta centrale – diventata di salita – divenne
rototraslante verso l’interno anziché verso l’esterno e fu montato un sistema
televisivo a circuito chiuso per il controllo della porta posteriore. Le
resistenze, inizialmente installate nel sottocassa, furono trasferite in un
cassone posto sull’imperiale.
Dopo le
suddette modiche, quasi solo la coloritura in arancione contraddistingueva la
1001 dalle unità consorelle, ma anche questa caratteristica fu perduta nel
1989, con l’adeguamento al giallo arancio ministeriale.
Foto 26:
Fu resa
uguale alle altre vetture anche la 1002, “nata” già in giallo arancio ma che
inizialmente presentava, come lo stesso prototipo, due fasce color grigio
chiaro che correvano lungo la parte bassa della cassa e lungo il ricasco del
tetto (vedi questa foto Minghini, ottobre 1977). La 1002 si distingueva dalle
altre unità anche per i mancorrenti interni non bruniti.
Non solo la
carrozzeria in alluminio, ma anche l’avviatore “a logica statica” costituiva
una parte innovativa del progetto. L’Ansaldo Società Generale Elettromeccanica,
avendo incorporato la Divisione beni strumentali della CGE di Milano e la
Società Ansaldo-San Giorgio di Genova, poteva vantare negli anni settanta una
rilevante esperienza nella produzione di vetture filoviarie e fu la prima a
proporre un nuovo tipo di avviatore, il quale ripeteva «con comando elettronico
quanto già realizzato dal ben noto comando MRA», che equipaggiava i filobus
FIAT 2401 e tutte le altre vetture attrezzate dalla CGE per l’Italia e per
l’estero fino al decennio precedente. La prima sperimentazione avvenne nel 1975
su una vettura tipo FIAT 668F (anno di costruzione 1951) della rete spezzina,
che la Mauri & C. aveva dotato di una nuova carrozzeria in alluminio,
dall’estetica alquanto simile a quello dei futuri filobus su telaio Volvo.
Ancora
lontana dall’elettronica di potenza – che avrebbe visto i suoi esordi alla fine
del decennio – la “logica statica” si proponeva di assicurare comunque un
migliore confort di marcia, con avviamenti e decelerazioni privi di strappi e
minor usura dei componenti meccanici (la frenatura elettrica agisce fino alla
velocità di 5 km/h). Occorre ricordare tuttavia che la messa a punto dei
filobus di Rimini, con la presenza sul posto di tecnici della Casa
costruttrice, fu particolarmente laboriosa: sui primi esemplari la dolcezza di
funzionamento, promessa dal nuovo apparato, non sembrava riscontrarsi e si
dovette lavorare a lungo per rendere accettabile il controllo
dell’accelerazione e della frenatura.
Sul
prototipo 1001, il motore di trazione era del tipo CV 1227A (numero di fabbrica
101130) eccitato in serie, con 4 poli principali e 4 ausiliari e sospeso al
telaio mediante supporti isolanti. Nei successivi esemplari furono montati
motori simili, ottenuti rigenerando (a cura della RETAM di Milano) gli avvolgimenti
dei vecchi motori CGE montati a bordo delle vetture filoviarie dismesse. La
potenza continuativa di taratura era di 103 kW; nei documenti della Casa
costruttrice si dichiara una potenza oraria di 135 kW.
Foto 27:
l
dispositivo per la “marcia autonoma” poteva essere impiegato soltanto per gli
spostamenti di servizio (il filobus R59 non era dunque un “bimodale”) e
constava di un motore Diesel Hatz VU 108NH da 4028 cm3 a quattro cilindri
orizzontali, accoppiato con un alternatore MEC GSCA da 33 kVA a 2600 giri. Un
ponte raddrizzatore provvedeva a fornire la tensione continua di 150 Volt al
motore di trazione, che così alimentato si dimostrò in grado di raggiungere una
velocità massima di 30-35 km/h. Purtroppo la rumorosità e le emissioni del
motore Diesel non erano all’altezza del binomio-slogan “silenzioso e pulito”
che l’ATAM impiegò per promuovere il rilancio del filobus. Ma tant’è… si era
ancora negli anni settanta del Secolo scorso e già sembrava un’enorme conquista
l’aver escogitato questo espediente per affrancare in caso di bisogno il
filobus dalla rete aerea (espediente che, per inciso, non tutte le aziende
italiane avrebbero adottato nelle ordinazioni di nuove vetture filoviarie nel
decennio successivo).
Dal primo
ottobre 1982, giorno di assegnazione dei filobus al nuovo deposito di viale
della Repubblica, la trazione autonoma fu impiegata quotidianamente per i
trasferimenti tra il deposito e la linea: essa ha sempre dato buona prova
nonostante le prestazioni ridotte, per cui ai filobus erano riconosciuti cinque
minuti in più che agli autobus nei percorsi a vuoto: gli itinerari solitamente
seguiti erano quello dal deposito alla stazione ferroviaria o al capolinea di
Rimini e quello, attraverso le vie Fada, Settembrini, Chiabrera e Firenze, per
raggiungere la linea in corrispondenza della fermata 21 (colonia Comasca).
Entrambi i tragitti sono lunghi circa due chilometri.
Il
posizionamento delle aste sulla linea di contatto avveniva manualmente. In casi
di estrema necessità, la marcia autonoma è stata talvolta impiegata con
passeggeri a bordo, senza alcun problema particolare.
La foto (R.R.) risale al maggio 1981 e mostra una
manovra in marcia autonoma a Riccione durante un'interruzione di viale Dante
per la ricostruzione del ponte sul Rio Melo.
Foto 28:
Anche le
aste di presa di corrente ed altri dispositivi, come i contattori e i
motocompressori CGE CP 37 (sostituiti nel 1988 con gli Arlet LE7), furono
recuperati dai vecchi filobus, a dimostrazione della durevolezza dei componenti
per la trazione elettrica.
Il servizio
ad agente doppio, inizialmente previsto su tutte le corse, dal 1986 fu limitato
al periodo estivo, nel quale continuò fino all’estate 1987. Successivamente
venne soppresso il posto del bigliettaio e furono installate a bordo di ciascun
filobus ben tre obliteratrici RCS, in sostituzione dell’unica (di produzione
Ascot) esistente dal 1979. Dal 1991 la salita dei passeggeri fu stabilita dalla
porta anteriore e la discesa da quella centrale, mentre la stretta porta
posteriore (formalmente di salita) veniva utilizzata raramente.
Un’altra
modifica all’arredamento interno, apportata nei primi anni, riguarda una
riduzione dei posti nella parte posteriore della vettura e cioè la sostituzione
dei quattro sedili disposti vis à vis sul lato destro con tre collocati “fianco
marcia”.
Piazza Tre
Martiri, 30 settembre 1989 (foto Pasquini).
Foto 29:
Gli
indicatori di percorso anteriori, del tipo a rulli con le iscrizioni stampate
su tela plastificata retroilluminata da tubi a fluorescenza (come l’interno
della vettura), furono semplificati a fine anni ottanta (restarono solo i rulli
con i numeri di linea) e sostituiti nel 1996 con display luminosi a led color
ambra di produzione Aesys.
Qui vediamo
la vettura 1012 già con l'indicatore a led e le insegne "Tram Rimini"
in transito davanti al Tempio Malatestiano (foto R.R.) il 22 giugno 1998.
Foto 30
Il filobus
1001 fu tolto dal servizio e parzialmente demolito nell’anno 2003; negli anni
successivi, per guasti o altro, furono accantonate ulteriori quattro vetture
(nell’ordine 1002, 1007, 1010, 1006): nell’ultimo anno di servizio restavano
pertanto attive dodici unità (per la storia, l’ultima unità a rientrare in
deposito, la sera del 14 settembre 2009, è stata la 1012).
Infine
merita un cenno la circostanza che fino al 1984 tutti i filoveicoli italiani
erano privi di targa: analogamente ai tram, si riteneva sufficiente per la loro
individuazione la matricola aziendale. In quell’anno però un decreto
ministeriale (datato 3 dicembre) impose l’adozione di una targa azzurra con
impresso il logo dell’azienda proprietaria e contenente la sigla della
provincia, abbinata a un numero progressivo a tre cifre. Nello stesso decreto
si prevede anche che le aste e gli “arganelli” (retrivers) siano considerati
carichi sporgenti e verniciati a strisce bianche e rosse: tutte modifiche
prontamente adottate dall’ATAM sulle proprie vetture filoviarie, che da allora
furono targate FO da 001 a 017.
La foto
(R.R.), presa in quello che è il punto più caratteristico della linea, dove la
distanza da terra dei fili di contatto è veramente minima, è del 12 ottobre
2008.
Foto 31: Caratteristiche
Tecniche Filobus Mauri-Ansaldo-Volvo "R59" (1976-2009).
Nessun commento:
Posta un commento