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A Rimini e a Riccione la presenza di tram e filobus è ininterrotta dal 1921
Transizione ecologica e trasporto pubblico
Sulla "Stampa" del 12 dicembre scorso il ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili Enrico Giovannini ha dichiarato: «Il passaggio alla mobilità sostenibile non riguarda solo le automobili, ma anche il trasporto locale (...) Raggiungere la decarbonizzazione entro il 2050 è un processo che richiede grandi investimenti. Per questo con il PNRR il nostro ministero ha allocato quasi 62 miliardi su ferrovie, porti, trasporti, logistica, perché è sulla frontiera dell'innovazione che si vince la sfida della competitività». Intervenendo al XVI convegno nazionale Asstra, lo stesso Giovannini ha affermato che occorre domandarci «se sul piano della governance il futuro sarà fatto ancora di così tante aziende di trasporto», in relazione alla necessità di allocare risorse e competenze nella transizione ecologica. Queste enunciazioni delineano un futuro nel quale il cambiamento delle fonti di energia sarà in primo piano nella produzione del trasporto locale, favorendo altresì ulteriori accorpamenti tra gestori.
Dobbiamo subito sgombrare il campo dalle obiezioni di chi fa rilevare che una parte considerevole dell'energia elettrica deriva ancora da fonti fossili, oppure che l'immagazzinamento in batterie causa a sua volta residui fortemente inquinanti. Su queste tematiche la ricerca deve fare il suo corso, mirando ad affrancare il più possibile la produzione di energia dall'impatto ambientale. La parte delle aziende è quella di progettare e gestire un trasporto "pulito" nel luogo dove viene erogato.
L'Italia parte avvantaggiata per quanto riguarda la rete ferroviaria, le cui linee principali sono da tempo tutte elettrificate: non è esattamente questa la condizione delle altre reti europee, salvo quella Svizzera. E altre elettrificazioni sono in corso, tra cui quella della rete regionale dell'Emilia-Romagna gestita da FER.
Se nel settore ferroviario la residua trazione termica potrà essere gradualmente sostituita con l'utilizzo di mezzi ibridi o a idrogeno, il trasporto locale si trova invece nella condizione di applicare a tutte le flotte, grandi e piccole, fonti alternative di energia in luogo del Diesel. Il filone più "battuto" in chiave di tutela ambientale è stata finora la metanizzazione, una soluzione che nel secolo scorso ha visto come pioniera la città di Ravenna, che già alla fine degli anni ottanta disponeva di autobus urbani a metano, realizzati modificando quelli della normale produzione commerciale. Dal canto loro, i motori Diesel sono progrediti fino al livello "Euro 6" delle norme anti inquinamento. Si tratta in ogni caso di propulsori a combustione interna, con le relative emissioni nell'ambiente, per quanto molto minori di quelle provenienti da autobus di vecchia generazione.
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Anni Ottanta: a Ravenna inizia la metanizzazione del parco
La trazione elettrica, per mezzo di batterie o anche per il tramite dell'idrogeno, è oggi il leit-motiv più ripetuto, soprattutto per le flotte destinate a operare in ambiente urbano.
Recentemente un dirigente dell'azienda Tper ha affermato: «la vendita degli autobus elettrici ormai non ha più dubbi di nessun tipo, e negli scenari futuri è certa l’adozione per i trasporti urbani di veicoli elettrici: e-bus, Fcev (ovvero veicoli a idrogeno) e filobus. Quindi la domanda giusta è: quando smetteremo di acquistare autobus a gasolio?» (A. Bottazzi, Autobus web, 8 ottobre 2021). Circa l'efficienza delle batterie per l'autotrazione, abbiamo alle nostre spalle decenni di sperimentazioni e – francamente – di fallimenti. Basti ricordare gli "elettromobili" che erano presenti cento anni fa in molte città, anche della nostra regione, e dei quali Trasporti Pubblici in Romagna ha raccontato la storia in un articolo di qualche anno fa (http://trasportipubbliciromagna.blogspot.com/2018/01/elettromobili-gli-autobus-elettrici.html).
Oggi però le cose sembrano evolversi in senso positivo, con l'applicazione di nuove tecnologie che consentono di disporre di accumulatori molto più efficienti, in particolare quelli al ferro-litio che stanno ormai equipaggiando gli e-bus di recente produzione, nonché di sistemi di ricarica rapida. Secondo l'articolo di Autobus web sopra citato, sul mercato sono apparsi autobus elettrici con un "profilo di missione" di 20 anni, il cui maggior costo rispetto a quelli a trazione termica potrà perciò essere meglio ammortizzato; alcuni grandi leader dell’elettrico stanno promettendo nuovi modelli dalla fine del 2022 che potrebbero segnare la svolta definitiva.
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Minibus del produttore turco Karsan durante l'IBE 2021 sul circuito di Misano (foto R.R.)
Un capitolo a parte è costituito dall'idrogeno, come fonte di energia (fuel cell) per alimentare motori elettrici, la cui sperimentazione è in corso da tempo su veicoli stradali e più recentemente ferroviari. Ricavare idrogeno utilizzabile per la trazione implica un elevato costo energetico e oltre agli impianti di produzione occorre prevederne anche per lo stoccaggio; in queste condizioni non sembrano consigliabili le prospettate applicazioni su singole linee, come per esempio la ferrovia Faentina, isolata dalle altre linee non elettrificate toscane (cfr. l'articolo di N. Baldi Dante, l'idrogeno e la Faentina, i Treni n.447/maggio 2021), o la Ferrara–Codigoro, che forse resterà l'ultimo baluardo della trazione termica in Emilia-Romagna, insieme alla ormai agonizzante Granarolo Faentino–Lavezzola.
La situazione in Romagna
Come sopra accennato, mentre negli ultimi anni le istanze di protezione dell'ambiente hanno portato alla creazione in molte città italiane e nella stessa Emilia-Romagna di flotte alimentate a metano (CNG), la trazione elettrica in ambito urbano ha conosciuto alterne vicende, con la più o meno effimera comparsa di autobus ibridi o a batterie (di piccola taglia), mentre le filovie sopravvissute (Rimini, Parma, Modena) o risorte (Bologna) difettano di continuità nell'erogazione del servizio, a causa soprattutto della complessità del sistema e nonostante la bimodalità dei filobus di ultima generazione che consente loro un parziale affrancamento dalla linea di contatto in caso di necessità.
Start Romagna, il principale gestore del servizio di trasporto pubblico nelle tre province romagnole, possiede attualmente una flotta di 174 autobus a metano, compresi i sei interurbani Scania Interlink a metano liquido (LNG). Tutti questi mezzi sono concentrati quasi esclusivamente nei bacini di Ravenna e Forlì-Cesena, mentre a Rimini la stessa azienda ha in forza 21 scuolabus per il servizio comunale alimentati con questa modalità.
La trazione elettrica, dopo la radiazione dei minibus a batterie di Forlì e Cesena, è rappresentata unicamente dai quindici filobus di Rimini, nove dei quali dedicati al servizio sul Metromare.
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A Forlì dal 1998 al 2019 hanno circolato i minibus "Gulliver" a batterie (foto R.R.)
In ambito gestori privati, da segnalare i due Daily a metano della ditta Gualtieri (Rete Artusiana di Forlimpopoli) e i tre mezzi elettrici di piccola taglia (due Zeus BMB e un Rampini E60 in forza alla ditta Erbacci Viaggi che fanno servizio sul "Green-go Bus" di Faenza.
Negli ultimi anni a Forlì e a Rimini sono stati provati mezzi a batteria, ma al momento non pare siano state prese decisioni sull'acquisto, che potrebbe essere in autofinanziamento. Tra i mezzi di prossima acquisizione da parte di Start Romagna con contributo regionale (vedi elenco in fondo a questo articolo) vi sono infatti 21 autobus a gasolio, oltre 50 alimentati a CNG, in aggiunta a 15 interurbani LNG; non vi sono mezzi di piccola taglia e questo fa pensare che i primi e-bus potrebbero essere di questa classe: nelle città romagnole la flotta dei midi/minibus, seppure parzialmente metanizzata, allo stato è la più decrepita e non pare possibile sostituirla se non in piccola parte con mezzi da 10 metri.
L'e-bus manderà in pensione i filobus?
Può darsi che questo sia il finale, ma per ora vi sono diverse criticità che almeno sulla carta fanno preferire il mezzo filoviario. Naturalmente quest'ultimo necessita di impianti fissi (rete aerea) più complessi ed estesi di quelli necessari per i bus elettrici (stazioni di ricarica), ma da un confronto tra i due sistemi allo stato dell'arte esce ancora vincente la filovia.
La ricarica rapida degli accumulatori di bordo dei bus elettrici è un'opzione che si sta diffondendo anche in Italia, ma presenta una non piccola controindicazione: l'allungamento delle soste ai capolinea, che determinano la proliferazione dei turni uomo-macchina e la ripercussione dei ritardi. Per fare un esempio, elettrificare la linea 4 di Rimini (lunga 20 km con tempo di giro di due ore) comporterebbe l'aggiunta di uno o due turni macchina: la ricarica al capolinea, per quanto rapida, richiede pur sempre alcuni minuti e assicura un'autonomia piuttosto limitata.
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Un Solaris Urbino elettrico in ricarica a Milano al capolinea della stazione Centrale il 19 agosto 2021 (foto R.R.)
La tabella riportata qui sotto è tratta da un rapporto presentato durante l'ultima edizione di "Ecomondo" a Rimini Fiera e mostra chiaramente come a un maggior fabbisogno di energia corrisponda un maggior tempo di ricarica e conseguentemente di immobilizzo. La tecnologia In Motion Charging prevede perciò la costruzione della linea di contatto bifilare su parte dei percorsi. Le batterie di bordo, convenientemente dimensionate per un'autonomia di diversi kilometri, ma dalle dimensioni molto più contenute rispetto a quelle di un e-bus (con beneficio anche sulla capienza del mezzo), si ricaricano durante la marcia sotto la linea aerea ed erogano energia nelle tratte prive di bifilare.
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Cosa elettrificare? Il caso di Forlì
La trazione elettrica potrebbe risolvere il problema della città di Forlì, dove da circa dieci anni gran parte delle linee di autobus sono state espulse dalla centrale piazza Saffi. Che il rapporto tra TPL e centri storici sia critico un po' dappertutto in Italia è risaputo, ma nel caso di Forlì l'avversione dell'Amministrazione non era dovuta alla presenza di una modesta rete viaria, tale da rendere difficile la circolazione dei mezzi pesanti, quanto piuttosto a problemi di inquinamento, anche acustico, causato dai suddetti mezzi nella zona centrale a traffico limitato. È pensabile che un gruppo di linee urbane esercitate con mezzi elettrici di varia taglia possa avere di nuovo cittadinanza nel centro storico di Forlì?
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Nonostante la presenza di diversi mezzi a metano, piazza Saffi nel 2012 fu interdetta agli autobus di grossa taglia (foto R.R.)
Negli altri centri storici, dove invece esiste un problema di dimensioni, l'utilizzo di veicoli elettrici di piccola taglia parrebbe scontato, anche se occorre attentamente valutarne le modalità d'impiego: l'esperienza sconsiglia la creazione di "navette" con esclusiva funzione di feeder sull'ultimo miglio per chi proviene dall'esterno della città, come per esempio la linea 1A di Forlì, peraltro depotenziata negli ultimi anni dopo la riammissione in centro delle linee 2, 3 e 4. Meglio disporre di linee che dal centro si spingono nell'immediata periferia (linee 2 e 3 di Forlì, linee 1 e 2 di Rimini), in modo da offrire un servizio senza rotture di carico almeno sul breve raggio. Cesena, con i suoi minibus (a metano) che collegano al centro l'Ospedale e i parcheggi, è un caso a parte: le linee 4, 5 e 6 hanno avuto successo perché hanno un percorso in grado di svolgere le funzioni sopra accennate, mentre l'interscambio con i parcheggi (posti a una ragionevole distanza dal centro) è favorito grandemente dalla "quasi gratuità" per questo tipo di utenza. Stesso discorso vale per il già citato "Green-go bus" di Faenza, nonostante il servizio sia offerto a fasce orarie.
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Il "Green-go bus" di Faenza è una navetta gratutita per i parcheggi (Foto R.R.)
Trasporti più eco-friendly sì, ma il nodo è il ruolo del TPL
Nel precedente articolo abbiamo osservato come, mentre gli sforzi per la transizione ecologica nel trasporto pubblico sono molteplici, resta irrisolto il nodo dell'adeguamento dei servizi a livelli più attrattivi per i cittadini. In soldoni, la questione è: bene inquinare meno, ma per diminuire l'utilizzo indiscriminato dell'auto privata occorre anche e soprattutto un servizio migliore!
I fondi che il Governo mette a disposizione della Regione (che pure vorrebbe conseguire un incremento delle percorrenze del 10% nei prossimi anni) non consentono l'espansione dell'offerta, per cui eventuali percorrenze aggiuntive continueranno a essere a carico degli Enti locali, che notoriamente non navigano neppure loro nell'opulenza...
Mentre a livello regionale il sempre maggiore consenso nei confronti della ferrovia dovrebbe incoraggiare a un ulteriore e doveroso salto di qualità, in ambito urbano assistiamo a una grande diffusione di piste e corsie ciclabili (fatte più o meno bene, questo è un altro discorso). Questo dato ci interpella in modo drammatico: al di fuori delle città di grandi dimensioni, ha ancora un senso il trasporto urbano, una modalità che – pandemia a parte – sembra sempre più in crisi perché non riesce a soddisfare la domanda di mobilità al di fuori delle classiche "fasce deboli" della popolazione? L'investimento sulla "mobilità dolce", che punta su mezzi elementari ma individuali, pagherà di più?
Il Metromare Rimini–Riccione, nonostante le eccezionali condizioni avverse in cui ha iniziato a funzionare, sembra riscuotere notevoli consensi anche tra le categorie che di solito sono più refrattarie all'uso del mezzo pubblico. Lo diciamo sottovoce, ma è possibile che all'esperienza riminese del Bus Rapid Transit (sicuramente meno costoso di una metrotranvia) possano in futuro guardare molte altre città, dove il "sistema autobus" sta mostrando la corda. Il nodo è quello dei finanziamenti. In Francia la finanza pubblica ha creato le condizioni affinché anche nelle città di medie dimensioni fossero costruite linee in sede propria (soprattutto tranvie): queste, offrendo un servizio veloce a affidabile, hanno rilanciato il trasporto pubblico in ambito urbano, cosa che in Italia siamo ben lontani dal vedere attuata: Bologna, se riuscirà a mettere in servizio il tram, lo farà con quaranta anni di ritardo sui primi progetti!
Ci piacerebbe vedere anche in Romagna, una terra dove in passato non sono mancate le innovazioni, altri progetti che rilancino il ruolo del trasporto pubblico nelle città e sul territorio.
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Tra una normale fermata autobus e quella di un Bus Rapid Transit esiste una enorme differenza... ecco un grande vantaggio dei sistemi di trasporto in sede propria (foto R.R.)
Gli autobus di prossima acquisizione in ambito romagnolo
START Romagna;
n° 7 IvecoBus Crossway LE Line 14.5 metri - matr. da 34601;
n° 3 IvecoBus Crossway LE Line 12 metri - matr. da 34265;
n° 6 IvecoBus Crossway Line 12 metri - matr. da 34282;
n° 5 IvecoBus Crossway Line 10.8 metri - matr. da 34077;
n° 10 IvecoBus Crossway LE Line CNG 12 metri - matr. da 34451;
n° 15 Irizar i4 LNG - matr. da 34411;
n° 17 Man Lion’s City Hybrid CNG 12 metri - matr. da 32411;
n° 13 Man Lion’s City G CNG 18 metri - matr. da 36121;
n° 17 IIA Menarinibus 250 CityMood CNG 10 metri - matr. da 32081;
Salvadori Cattolica
n°1 Scania Citywide CNG - matr. 8013
Cooperativa Trasporti di Riolo Terme
n° 3 IvecoBus Crossway LE Line 12 metri
Alcune delle quantità sono da considerare certe e relative ad una imminente entrata in servizio, altre fanno riferimento ai valori riportati nei documenti delle gare regionali, esclusi eventuali veicoli opzionali.
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Il nuovo acquisto di Salvadori: da pochi giorni lo si può incontrare sulla linea 9 (foto pagina Facebook “Pesaro-Urbino Bus”)
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