venerdì 3 aprile 2020

IL FILOBUS E LA GUERRA (1939-1945)


Roberto Renzi - Aprile 2020

Questo brano è tratto da un'opera sulla storia dei trasporti pubblici nel riminese che avrebbe dovuto essere pubblicata alcuni anni or sono, ma che purtroppo rimase sulla carta. Lo ripropongo oggi nella sua versione originale per i lettori del Blog.

Estate 1939

Le migliaia di persone che come ogni anno affollano la Riviera Romagnola apprendono dai giornali notizie sempre più inquietanti sulla situazione internazionale e presagiscono che quella del 1939 sarà l’ultima estate di pace. La vita balneare scorre intanto con i ritmi di sempre, anche se per le vie della Marina sono scomparsi i tram.
Per alcuni mesi, mentre si procedeva alla rimozione dell’armamento tranviario e alla costruzione della nuova filovia, la SITA ha proseguito l’esercizio impiegando degli autobus: è il preludio all’arrivo sulla scena delle nuove vetture filoviarie, annunciate dal Popolo di Romagna (25 marzo 1939) come «identiche a quelle che fanno servizio nelle principali linee urbane della Capitale». In realtà si tratterà di mezzi alquanto differenti dai filobus romani, semmai uguali nella carrozzeria a quelli forniti alla filovia Anzio–Nettuno, inaugurata qualche giorno prima della Rimini–Riccione.
Lo stesso periodico, nel numero del 28 gennaio, aveva annunciato l’aumento della velocità commerciale - già si andava da Rimini a Riccione in meno di mezz’ora - ottenuto con gli autobus, in confronto ai lentissimi tram andati in pensione senza lasciare rimpianti, sottolineando che il recupero sui tempi di percorrenza ha anche consentito di incrementare la frequenza invernale delle corse tra Rimini e Bellariva (da 30 a 15 minuti) in alcune fasce orarie di punta.
Nonostante i ritmi accelerati con cui procedono i lavori, l’avvio dell’esercizio filoviario, in un primo tempo annunciato per i primi di maggio, non può avvenire che nel mese di luglio, come già accadde per i sistemi tranviari che l’hanno preceduto. E, come nel 1921,  si assiste a un frettoloso addestramento del personale, che viene sottoposto all’esame di abilitazione dopo una sola settimana di “scuola guida”.
L’inaugurazione della filovia Rimini–Riccione avviene sabato 1 luglio 1939, a quanto pare senza grandiose cerimonie, delle quali non si trova eco nella stampa dell’epoca, che peraltro giustamente magnifica la comodità e l’efficienza del nuovo mezzo di trasporto. In effetti si tratta di un cambiamento radicale nel modo di offrire il servizio, paragonabile solo all’avvento del tram a cavalli, sessantadue anni prima. Dopo le vicende non esaltanti di una tranvia sempre in ritardo con il necessario adeguamento ai tempi, Rimini e Riccione possono finalmente vantare un impianto d’avanguardia, il primo del genere in Emilia-Romagna.
Durante la stagione estiva sono impiegati tutti e dieci i filobus consegnati dalla FIAT, due dei quali – del modello 635E – hanno dimensioni più ridotte e vengono destinati alle corse di rinforzo tra il capolinea di città, costituito da un anello di volteggio nell’ampia piazza Giulio Cesare, e Marina Centro. Le altre otto vetture, del tipo 656E, assicurano le corse extraurbane per Riccione e quelle limitate a Bellariva nonché la riserva; esse hanno all’incirca la stessa capacità di un convoglio tranviario (motrice e rimorchio), ma con prestazioni ben diverse in fatto di velocità d’esercizio e di confort di marcia.
Il tracciato della filovia, tutta a doppio bifilare e con anelli e raccordi intermedi muniti di scambi a funzionamento elettrico, si differenzia da quello tranviario anche nell’attestamento a Riccione, che avviene nel nuovo piazzale dei Giardini, davanti al Palazzo del Turismo, non lontano dalla Villa Mussolini.
Proprio a causa di questa vicinanza, per motivi di sicurezza, l’assetto del capolinea verrà quasi subito modificato. Uno stretto anello, realizzato sul lato monte dei Giardini, sostituirà l’originario circuito di aggiramento degli stessi, che portava i filobus a transitare a pochi metri dalla residenza estiva del Duce… la consorte del quale, Donna Rachele, non si sottrae però dal dare il buon esempio e si serve per i suoi spostamenti dell’”autarchico” filobus!
Un filobus riservato, s’intende, come quando la first lady del tempo si reca a far visita alla famosa cantante Gea della Garisenda, la cui dimora riminese si trova nel pressi della fermata di Villa Rastelli.
Che altro dire? Le fosche nubi che nel frattempo si stanno addensando sull’Europa ci impediscono ormai di soffermarci su questa piccola storia locale, che pure ha fatto segnare una tappa fondamentale del suo cammino. Ormai non c’è tempo per scrivere della bellezza e della rinnovata dotazione di servizi delle due “capitali delle vacanze” unite dalla linea filoviaria: il primo settembre 1939 le truppe di Hitler invadono la Polonia e per l’Italia inizia un tempo di preparazione alla guerra, una guerra che porterà nel riminese lutti e distruzioni immani.

Rimini in guerra

La stagione balneare 1940 sta per cominciare quando anche l’Italia entra nel conflitto. Pochi giorni prima del fatidico 10 giugno, il Commissario prefettizio Eugenio Bianchini insediatosi da alcuni mesi al Comune di Rimini è ancora intento a chiedere che, «in omaggio alla norma per la sostituzione delle parole straniere», sia tolta dai cartelli di percorrenza dei filobus la parola Kursaal.
Segue una strana stagione: nel mese di giugno si registra ancora un discreto numero di presenze, al punto che l’Azienda di Soggiorno si vede costretta a muovere le prime critiche al nuovo sistema filoviario, la cui capacità di trasporto si rivela già scarsa nei momenti di punta (in particolare la domenica pomeriggio) sulla tratta tra piazza Giulio Cesare e Marina Centro. Su questa viene utilizzato un piccolo filobus tipo 635E, del tutto insufficiente a sussidiare le vetture impiegate per le corse su Bellariva e Riccione e che per di più non è nelle condizioni di osservare l’orario stabilito per l’intensificazione.
Il Comune tenta allora di “aggiustare” il programma d’esercizio, incorrendo però nella “reprimenda” dell’Ispettorato Compartimentale della Motorizzazione, cui compete l’approvazione di qualsiasi modifica d’orario. Dal canto suo, il direttore locale della SITA, Italo Pugnani, deve rispondere a una serie di rilievi, mossi dal Commissario Bianchini nello svolgimento della funzione di controllo, e giustificare l’operato di alcuni elementi del personale giudicati inadatti alla mansione di bigliettaio, spiegando che costoro sono stati chiamati a sostituire i tranvieri richiamati alle armi, tra i quali vi sono gran parte dei bigliettai estivi. Gli effetti dello stato di guerra non tardano comunque a manifestarsi: già nel mese di luglio il Comune invita la SITA a ridimensionare il programma d’esercizio per non superare le percorrenze minime previste dalla Convenzione, data la «rarefatta presenza di forestieri»…
Le estati 1941 e 1942 trascorrono in un clima surreale; nonostante tutto vi è ancora qualche bagnante, ma i numeri sono lontanissimi da quelli del tempo di pace, mentre è cessato del tutto l’afflusso degli stranieri. Bandite le manifestazioni mondane e tutto ciò che ha attinenza con la vita notturna, la città della costa si intristisce progressivamente. L’aver indirizzato lo sviluppo sulla monocultura turistica provoca qui più che altrove disoccupazione e miseria.
Fin dai primi giorni di guerra è in vigore l’oscuramento, per cui a tutti i veicoli stradali - autobus e filobus compresi - sono stati schermati i fari, sui quali resta illuminata una piccola feritoia, e applicate le apposite bande bianche sui parafanghi per facilitarne la visibilità notturna. Anche le luci interne dei filobus devono essere tenute spente, con l’unica eccezione della lampadina che illumina il posto del bigliettaio, schermata con un tubo di bachelite.
Scomparse quasi del tutto le automobili, ridotte ai minimi termini anche le corse degli autobus per la penuria di carburante e le requisizioni, il traffico è costituito soprattutto da biciclette. La filovia Rimini–Riccione, unico servizio di linea a frequenza elevata presente sul territorio, non fa registrare le punte di frequentazione che ci si potrebbe attendere: le tariffe praticate dalla SITA sono giudicate elevate e il riminese per spostarsi preferisce le due ruote; quanto ai cittadini di Riccione, la cui vita si svolge per almeno otto mesi intorno al vecchio Paese, lontano dal capolinea filoviario, essi non hanno molti più motivi per recarsi a Rimini rispetto a quanti ne abbiano per andare al capoluogo provinciale, Forlì, dove hanno sede il distretto militare, il tribunale e molti altri uffici pubblici.
Il biglietto del filobus da Rimini a Riccione costa 2 lire e 35 centesimi, comunque meno dello stesso percorso su ferrovia in terza classe (3,10 lire nell’ottobre 1940). Sulle tratte urbane più corte si pagano 40 centesimi; 80 centesimi da piazza Giulio Cesare a Bellariva.
La guerra, per ora, è lontana ma l’eco delle battaglie combattute dalle armate italiane giunge sulla Riviera in modo molto concreto: fin dalle prime settimane di ostilità le numerose colonie marine della costa sono trasformate in ospedali militari.
I feriti giungono alla stazione di Rimini e vengono trasportati a destinazione anche per mezzo di alcune vetture filoviarie adattate per il trasporto di barelle. Quando, a causa delle distruzioni arrecate dai bombardamenti, i filobus non saranno più in grado di arrivare alla stazione, gli stessi treni ospedale si fermeranno in piena linea per permettere il trasferimento a braccia dei feriti nelle colonie che distano poche centinaia di metri dalla ferrovia.
Le notizie dai fronti diventano sempre più allarmanti e quando giunge il fatidico 25 luglio 1943 anche a Rimini hanno luogo manifestazioni di giubilo per la caduta di Mussolini, seguite dagli arresti di alcuni esponenti del fascismo locale.
Ma dopo l’armistizio con gli Anglo-americani, i Tedeschi occupano la città, liberano gli arrestati e mettono a capo dell’Amministrazione comunale il commissario straordinario Ugo Ughi: Rimini diviene Platzkommandatur tedesca compresa nella Repubblica di Salò.
Il feldmaresciallo Rommel ha intanto dato il via a un progetto di fortificazione della dorsale appenninica che passerà alla storia come “Linea Gotica” e del quale Rimini è un caposaldo fondamentale.
Il destino di Rimini è segnato. Il primo novembre 1943 ventotto bombardieri americani B-25 Mitchell piombano dal mare mettendo a segno il primo duro colpo alla città (68 i morti accertati); nel mirino c’è la stazione ferroviaria, ma le bombe centrano pure gli edifici di Marina e il ponte sull’Ausa di viale Vespucci, che rimane interrotto. Da questa data il servizio filoviario viene effettuato sui due lati del ponte semidistrutto, che deve essere attraversato a piedi. Due filobus colpiti vengono abbandonati in piazza Tripoli, dove le vetture utilizzano il “regresso” installato sul viale Parisano per invertire la marcia e fare ritorno a Riccione.
La città subisce altri bombardamenti il 26 e il 27 novembre a opera delle “Fortezze volanti” (Boeing B-17), che provocano gravissimi danni materiali in tutto il centro storico, mentre una buona parte della popolazione riesce a sfollare in tempo, rifugiandosi in campagna. Per quanto ci riguarda, l’edificio della sottostazione è risparmiato e il ridotto servizio filoviario può continuare; il personale porta con sé nella vettura una bicicletta per poter fuggire in caso di attacco.
Ma i bombardieri americani tornano su Rimini nei giorni 28, 29 e 30 dicembre, sganciando quasi cinquecento tonnellate di bombe; la città è ridotta a un cumulo di macerie e ormai i filobus non possono circolare che tra Bellariva e Riccione. Le corse cesseranno definitivamente il 26 giugno 1944.
Nei primi sei mesi del 1944 Rimini subisce numerosi, pesantissimi attacchi (alla fine della guerra si conteranno ben 396 tra bombardamenti aerei, navali e terrestri). L’epilogo si ha il 21 settembre quando, a conclusione della “battaglia di Rimini”, una delle più vaste e cruente della Seconda Guerra Mondiale, l’Ottava Armata alleata entra nella città.
Dall’immane distruzione si salvano il Ponte di Tiberio e l’Arco d’Augusto (la Storia vuole che un maresciallo tedesco abbia disubbidito all’ordine di distruggerli); insigni monumenti come il Tempio Malatestiano e il Teatro Vittorio Emanuele II hanno riportato danni gravissimi. Altri edifici storici sono andati completamente distrutti, tra questi le chiese lungo il porto canale: di San Nicolò resta solo il campanile, mentre nulla più rimane dell’oratorio di Sant’Antonio da Padova, che sorgeva sul luogo dove si vuole sia avvenuto il miracolo della predicazione ai pesci. Distrutta anche la chiesa di San Girolamo in via Dante, un altro “fondale” andato perduto lungo il passaggio del filobus.
Date queste premesse, si potrebbe pensare che della filovia Rimini–Riccione non resti che qualche informe relitto… E invece, non solo una parte considerevole della linea aerea di contatto, ma lo stesso materiale rotabile si sono salvati dalla catastrofe. A differenza di quanto accaduto in molte città italiane, i Tedeschi non si sono impadroniti (o non hanno avuto il tempo di farlo) dei filobus, per inviarli nel Reich. Tutte e dieci le vetture, scampate alla furia bellica - sia pure riportando danni più o meno ingenti - sono sfuggite anche alle “attenzioni” dell’esercito germanico in ritirata.
E non è tutto. Nonostante le bombe alleate e il tentativo dei Tedeschi di radere al suolo tutti i fabbricati della Marina per eliminare gli ostacoli ai campi di tiro dei loro cannoni, gli edifici del deposito-officina e della sottostazione elettrica sono rimasti quasi intatti.

La ricostruzione

Il 7 ottobre 1944 Arturo Clari, ultimo sindaco della Rimini pre-fascista, ottantadue anni compiuti il giorno prima, torna a essere primo cittadino. Guida una Giunta insediata dal Comando alleato su indicazione del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), della quale fanno parte altri esponenti di quella che si dimise il 6 luglio 1922. L’Assessore ai lavori pubblici è Mario Macina, l’uomo che portò a Rimini il tram elettrico.
Uno dei primi atti della nuova Amministrazione è la dedicazione della piazza, già intitolata a Giulio Cesare, ai Tre Martiri: i partigiani Pagliarani, Niccolò e Cappelli, ivi impiccati dai tedeschi alla vigilia della Liberazione. Quando gli Alleati sono entrati nella città distrutta, i resti della forca erano ancora lì, in mezzo alle macerie degli edifici. Dell’anello aereo filoviario non rimaneva più nulla.
L’inverno incombe e l’avanzata alleata conosce un arresto forzato sul fiume Senio; la guerra è ancora a pochi chilometri da una città che tenta con ogni mezzo di riprendere a vivere, pur con l’82% delle costruzioni lesionate o abbattute e con le truppe d’occupazione insediate nei pochi edifici ancora abitabili.
La SITA ha mantenuto in ruolo tutto il personale addetto alla filovia Rimini–Riccione: una trentina di dipendenti che, dopo l’interruzione del servizio, si sono adoperati nell’opera di recupero del rame della linea aerea, messo al sicuro per circa metà dell’estensione dell’impianto. Dall’8 novembre 1945 la stessa SITA attua un autoservizio sostitutivo della filovia; le tariffe sono semplificate (solo due stazionamenti intermedi in luogo dei sei d’anteguerra), ma rispetto al 1944 il prezzo del biglietto Rimini–Riccione è aumentato quindici volte: adesso costa 35 svalutatissime lire.
Il Comune, proprietario dell’infrastruttura, stima in sei milioni di lire il costo della riattivazione (relazione dell’ingegnere capo, 18 ottobre 1945) e immediatamente il Sindaco Clari si attiva per affrettare le pratiche, facendo valere presso le autorità competenti l’urgenza di ristabilire il collegamento tra Rimini e Riccione. Nell’accorata missiva del 26 dicembre 1945, indirizzata al Genio Civile di Rimini e per conoscenza alla Prefettura di Forlì e al Provveditore regionale per le opere pubbliche di Bologna, viene pure menzionata l’esistenza di un servizio di fortuna, svolto da un piccolo autocarro «che collega tre volte al giorno i due centri a 80 lire per corsa» e che «non ha capienza per le località intermedie».
Il progetto dell’Ufficio tecnico comunale prevede che provvisoriamente si ricostruisca lungo tutto il percorso un solo bifilare, per il quale dovrebbe essere sufficiente il rame recuperato. Alla problematica situazione della tratta nel centro cittadino, dove le diffuse distruzioni degli edifici tra piazza Tre Martiri e la stazione ferroviaria hanno fatto venir meno gli ancoraggi per la linea di contatto, si cerca di ovviare proponendo lo spostamento del capolinea in piazza Ferrari, da raggiungere attraverso la via Gambalunga, evidentemente meno colpita.
Le condizioni sono critiche anche in corrispondenza dei principali manufatti lungo il percorso: i ponti sull’Ausa e sul Marano sono gravemente lesionati; il sottopassaggio ferroviario al porto, fatto saltare dalle truppe germaniche in ritirata, è stato sostituito dagli Alleati con un terrapieno sul quale sono stati provvisoriamente posati i binari ferroviari.
Per superare l’Ausa viene proposta una breve deviazione sul parallelo lungomare Vittorio Emanuele III (dove si trova un ponte ancora integro), mentre per l’attraversamento della ferrovia vengono presi accordi con le FS, onde poter utilizzare il passaggio a livello di viale principe Amedeo. Questo è stato forzatamente riaperto durante le operazioni belliche (per la Storia, la passerella pedonale fu abbattuta nel bombardamento del 21 gennaio 1944) e dato che la linea aerea ferroviaria è stata completamente distrutta, al momento non vi sono problemi ad attraversare i binari con i conduttori della filovia.
Fa parte del progetto di ripristino anche la realizzazione di un anello di ritorno, orientato verso il centro città, ottenuto prolungando sul lungomare il tronchino di viale Parisano, con riallaccio al bifilare di linea su piazza Tripoli.
Delle quattro varianti sopra descritte, l’unica a trovare realizzazione è il transito sul passaggio a livello, dati i tempi lunghi di ricostruzione del “ponte di ferro”: la guerra ha fatto regredire il servizio alla situazione che esisteva ai tempi del tram a cavalli!
Dal 28 gennaio 1946 squadre di operai del Comune e della CGE, cui si affiancano le maestranze SITA, sono al lavoro per tendere nuovamente i fili lungo il percorso. L’Ispettorato della Motorizzazione Civile impone però il ripristino della doppia linea di contatto nei due tratti d’estremità, per cui la ricostruzione a bifilare unico deve essere limitata alla parte centrale della linea, da piazza Tripoli a Fogliano, alle porte di Riccione. Gran parte del rame mancante viene fornito dalla Società Metallurgica Italiana. La spesa aggiuntiva è di 2.235.000 lire.
I lavori, diretti dall’ingegner Cesare Succi, vengono completati il 29 settembre, ma già dal 14 luglio si è potuto riattivare un embrionale servizio filoviario tra il centro cittadino e piazza Tripoli e successivamente fino a Miramare. Il 17 agosto ha infine luogo l’inaugurazione dell’intero impianto Rimini–Riccione ripristinato. Nel frattempo vengono portati a termine i non impegnativi lavori di riparazione degli edifici di viale Baldini (officina-deposito, sottostazione e locali a uso ufficio).
Nel desolante spettacolo che la città offre a meno di un anno dalla cessazione delle ostilità, mentre la popolazione intraprende con il concorso delle truppe alleate un’alacre opera di ricostruzione, i turisti sono timidamente tornati a frequentare la spiaggia, dove sono ancora presenti le opere di fortificazione erette dai Tedeschi. La ferrovia Adriatica, che in virtù della sua importanza è stata sollecitamente ripristinata, è percorsa dalle locomotive di guerra, sbarcate al seguito dei vincitori, che trainano lenti convogli merci e treni di carri arredati con panche per il trasporto passeggeri, per far fronte all’estrema penuria di carrozze.
Il traffico stradale è costituito da mezzi militari, spesso condotti con spericolatezza su strade piene di buche e altre insidie. Investito da un autocarro alleato, che aveva appena sorpassato una vettura filoviaria ferma alla “Stella Polare” (l’odierna fermata 19) perde la vita il 5 ottobre 1946 il giovane ingegnere Alberto Marvelli, assessore comunale e personaggio di spicco dell’Azione Cattolica riminese (verrà beatificato dalla Chiesa nel 2004). Nel vano tentativo di soccorrerlo, Alberto viene trasportato dal filobus fino alla fermata di viale Pascoli, dove si trova la casa di cura Villa Assunta. Morirà senza riprendere conoscenza.
Già dai primi mesi del 1945 l’Amministrazione comunale presenta un nuovo Piano regolatore generale (PRG), che però sarà presto accantonato a causa delle polemiche innescate dal ruolo attribuito a una Società romana - dalle mire apertamente speculative - nella realizzazione di gran parte dei nuovi quartieri. Questo PRG, che non vedrà mai la luce, programma un’espansione della città verso Sud-Est, con la creazione di una rete viaria a reticolo, e lo spostamento della ferrovia a monte del centro cittadino: la nuova stazione è prevista ai piedi del Covignano.
L’unico strumento urbanistico a essere approvato sarà il Piano di Ricostruzione, del quale, secondo un decreto ministeriale, la città di Rimini è obbligata a dotarsi, ma che riguarda solo il centro storico, i borghi e Marina Centro. Nel 1948 avviene la demolizione del Kursaal, a opera di gruppi di disoccupati, nonostante l’edificio sia stato risparmiato dai bombardamenti. La città intanto ricresce caoticamente, a cominciare dai terreni non ancora edificati a mare della ferrovia.
All’inizio del 1948 le Ferrovie dello Stato, in vista del ripristino della trazione elettrica sulla linea Bologna–Ancona, reclamano la rimozione della linea di contatto filoviaria stesa provvisoriamente sopra i binari in viale Principe Amedeo. Il sottopassaggio lungo il porto è ormai riattivato e nel giugno di quello stesso anno i filobus tornano a transitarvi, mentre il passaggio a livello viene definitivamente chiuso. Rimossa la filovia, le FS procedono a ricostruire la propria linea aerea a 3 kV, che sarà messa in tensione negli ultimi mesi dell’anno.
Si ricostituisce intanto l’integrità del parco filoviario. Due filobus tipo 656E gravemente danneggiati, le unità 1009 e 1010, vengono inviati per la ricostruzione alla Carrozzeria Dalla Via di Schio, mentre l’unità 1005 (FIAT 635E) sarà ripristinata a cura dell’officina sociale nel 1950; per tutte le vetture filoviarie riparate – quelle sopra citate più la 1003 – il ripristino dei circuiti elettrici è effettuato nell’officina sociale. Alcuni anni più tardi sarà stimata in quasi 17 milioni di lire la spesa sopportata dalla SITA per la riparazione dei danni di guerra.
Nella prima fase di ripresa del servizio, le vetture disponibili sono sei o sette e anche nel periodo estivo l’intensità del servizio è ridotta. Sull’Ausa e sul Marano si transita su strutture di fortuna; tra piazza Tripoli e Fogliano, a ogni incrocio tra vetture procedenti in direzione opposta uno dei due bigliettai deve scendere e provvedere al distacco delle aste dall’unico bifilare esistente, onde permettere il transito della vettura incrociante. La stessa operazione deve essere compiuta in corrispondenza degli anelli di inversione di Bellariva e Miramare, che sono collegati alla linea dal solo scambio aereo di ingresso.

(FOTO)

1 – Il filobus che risale via Dante verso piazza Giulio Cesare è munito di una serie di bande bianche sul frontale, segno dell'entrata in vigore delle misure di oscuramento.


2 – Un altra vettura filoviaria con bande bianche sta per svoltare in viale Principe Amedeo, sullo sfondo della fontana dei Quattro cavalli e del Kursaal.


3 – Uno dei primi orari di guerra: frequenza 15' fino a Bellariva e 30' fino a Riccione. Siamo nell'autunno 1940 e il fronte è ancora lontano.


4 – Viale Graziani dopo uno dei primi bombardamenti. La linea aerea è gravemente danneggiata, un filobus è immobilizzato; sullo sfondo, il “ponte di ferro” (Archivio Ist. Storico della Resistenza - Rimini).


5 – Dove oggi sorge il grattacielo vi era il gasometro, colpito in un'incursione delle tante che avevano di mira la linea ferroviaria (Archivio Ist. Storico della Resistenza - Rimini).


6 – Villa Isotta, che sorgeva all'incirca dove oggi c'è il Caffè delle rose (Archivio Ist. Storico della Resistenza - Rimini).


7 – In questa foto aerea di Rimini è evidente come il passaggio a livello del viale Principe Amedeo, sostituito nel 1921 dal sottopassaggio lungo il porto canale, fosse stato riaperto durante le operazioni belliche. Dal 1946 al 1948 la filovia attraverserà i binari in questo punto, in attesa della riattivazione del sottopassaggio, che appare distrutto sulla destra dell'immagine (foto Imperial War Museum Londra).


8 – Il ponte sull'Ausa (oggi piazzale Kennedy) fu colpito durante l'incursione del 1 novembre 1943. Una struttura provvisoria in legno assicura il transito veicolare in attesa della ricostruzione.


9 – La linea aerea in piazzale Cesare Battisti. Sulla sinistra, i resti di una mensa alleata (Gothic Grill) che aveva parzialmente occupato la sede stradale: lo scambio aereo appare infatti in una posizione diversa da quella normale (Biblioteca Gambalunga - Archivio fotografico).


10 – La ricostruzione del ponte della ferrovia, che era stato sostituito da un terrapieno, si concluse del 1948 sia pure in forma provvisoria (notare l'assenza di parapetti). Le due linee di contatto filoviarie appaiono ripristinate, nella parte bassa dell'immagine.


11 – La percorrenza annua della filovia nel 1947 è di 347.785 vett.km; negli anni successivi si stabilizzerà intorno a 450.000 vett.km. L'orario qui riprodotto (5 aprile 1947) mostra la frequenza di una corsa ogni ora tra Rimini e Riccione, ancora al di sotto dello standard della nostra linea.


12 – Foto di gruppo con operai e funzionari SITA dopo la corsa di prova di un filobus tornato in servizio.


UNA TESTIMONIANZA DAL FRONTE (trovata per caso)


Su questa cartolina di Rimini (esterno della stazione con tram, 1937) è vergato un appunto a matita, verosimilmente di un ufficiale britannico, che descrive minuziosamente lo stato degli impianti ferroviari e filoviari nei giorni della liberazione della città. Di seguito il testo tradotto dall'inglese.

L’edificio dietro l’albero è la direzione della linea per San Marino, con le relative banchine. Emelia & Venetia Railway & Tramway Co.
La linea da Ancona a Bologna (….) lascia la costa in questo punto (…). C’è una diramazione per Ravenna, Ferrara, Padova e Venezia, e inoltre una a scartamento ridotto elettrica per San Marino e una a scartamento ridotto a vapore per Mercatino.
La tranvia da Piazza Cavour (Rimini) a Riccione Marittima, circa 7 miglia, ora è stata sostituita dai filobus da Piazza Giulio Cesare (Rimini) a Riccione Marittima con tratta corta Bellariva. Tutta la linea aerea è stata distrutta dai combattenti. L’edificio di stazione è stato diroccato dai bombardamenti. Tutte le tettoie delle banchine sono state demolite. Un treno merci a trazione elettrica è distrutto in stazione.
La ferrovia per Mercatino a scartamento ridotto e trazione a vapore ha la stazione terminale a ¼ di miglio sulla destra.
L’edificio basso dietro il tram è distrutto.

- Foto cartoline e orari della collezione dell'autore, se non diversamente indicato.

Per le notizie riguardanti la guerra a Rimini, si vedano le numerose opere di Amedeo Montemaggi sulla Linea Gotica e la Liberazione. Alcuni fatti riguardanti la filovia furono raccontati all'autore da Domenico Gnoli (ex manovratore tranviario e guidatore filoviario) nel 1987; altre sono di fonte Archivio di Stato Rimini.


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