Gli appassionati di
trasporti pubblici si saranno forse chiesti come mai tra i due capoluoghi di
Ravenna e Forlì, caso unico nella Regione, non esista una linea ferroviaria
diretta. La spiegazione risiede nel fatto che dalla fine dell'Ottocento ai
primi decenni del XX Secolo le rotaie effettivamente collegavano le due città,
ma non si trattava di una ferrovia, bensì di una linea tranviaria. Un impianto
assai modesto, che sopravvisse fino al 1930 e la cui soppressione lasciò alla
sola gomma questa importante relazione, tra l'altro ancor oggi priva di infrastrutture
stradali moderne.
Le origini
La rete ferroviaria
romagnola cominciò a prendere forma con la costruzione della linea Adriatica,
aperta all'esercizio tra il 1860 (da Bologna a Forlì) e il 1862 (da Rimini ad
Ancona). La linea Ferrara–Ravenna–Rimini sarebbe stata completata solo nel
1889. Fino a quell’anno, la città di Ravenna risultava servita unicamente dai
42 km di ferrovia diramati dalla direttrice principale a Castelbolognese
(1863).
A quell'epoca, mentre le
strade non conoscevano ancora la presenza della motorizzazione, vi era un
grande fervore di costruzioni ferroviarie, nel quale si inserivano molteplici
progetti per la realizzazione di “ferrovie economiche”.
I binari di queste ultime
venivano posati lungo la viabilità ordinaria, analogamente a quelli delle linee
dei tram urbani, per cui questa modalità di trasporto, che in pochi anni dilagò
soprattutto nella Pianura Padana, venne definita come “tramvia (originariamente
con la m) extraurbana” o “interurbana”. Per la trazione, dopo
un'iniziale ricorso a quella animale (ippovia Milano–Monza, 1876),
l'industria mise a disposizione piccole locomotive a vapore a 2 o 3 assi,
spesso di tipo cabinato, dette perciò anche “cubi”.
In questo scenario si
inserisce il progetto, maturato intorno al 1880, di una linea tranviaria per
collegare Forlì e Ravenna: una relazione che, all'epoca, si reputava
fondamentale per i traffici di persone e merci nel territorio romagnolo, ma che
è sempre stata penalizzata, in ferrovia, dal lungo giro dovuto al predetto
innesto a Castelbolognese; la ferrovia Faenza–Ravenna sarebbe venuta solo nel
1929 senza peraltro apportare sostanziali migliorie.
A dare l'impulso decisivo
alla costruzione dell'opera fu un personaggio dell'entroterra, l'avvocato
meldolese Giovanni Brusaporci, che nel 1879 insieme all'ingegnere forlivese
Giulio Romagnoli e disponendo di capitali messi a disposizione da due banchieri
torinesi, promosse con successo la costruzione di una tranvia a vapore a
scartamento ridotto di un metro da Meldola a Forlì. A questo primo tronco,
lungo 13 kilometri lungo le attuali strade Provinciale 4 e via Emilia (da Ronco
a Forlì) e che fu inaugurato nel 1881, fece seguito la costruzione della linea
Forlì–Ravenna (27 km) tracciata lungo la via Ravegnana e l'argine del fiume
Ronco. L'apertura al servizio passeggeri avvenne il 10 novembre 1883,
mentre quello merci ebbe inizio l'anno seguente. Il 7 novembre 1884, il tram
giunse alla Darsena di Ravenna, con una diramazione che si staccava dal corso
Garibaldi (attuale via di Roma: all'incrocio con viale Farini vi era il
capolinea) e attraversava la ferrovia per Rimini - allora in costruzione -
seguendo la via Alberoni.
Nel 1885, il Brusaporci cedette la concessione alla Société
Anonyme des Tramways des Romagnes, società di diritto belga.
Prolungamento a Classe e altre vicende
Con la "belga" furono acquisiti nuovi rotabili e si incrementò il traffico merci: negli anni seguenti furono
aperti i raccordi con la Fonderia Forlanini di Forlì ed alcune fornaci. La nascita dello zuccherificio di Classe
determinò la necessità di realizzare il raccordo tranviario Ravenna–Classe (3 giugno 1900): il binario
raggiungeva lo stabilimento di Classe attraverso il Ponte Nuovo, via Marabina,
via Romea Vecchia; la tratta misurava complessivamente 4125 metri. Regolarmente
operativo durante la campagna saccarifera, il tramway giungeva a Classe anche
in occasione di eventi sportivi e religiosi, gite scolastiche, viaggi di gruppi
organizzati.
La Società per
le Strade Ferrate Meridionali, e dal 1906 le Ferrovie dello Stato,
considerarono sempre la tranvia a vapore come un sistema di trasporto
concorrente, rigettando nel corso degli anni ogni domanda tesa a portare i
binari tranviari nelle stazioni ferroviarie di Forlì - dove il tram si
attestava in via Alfredo Oriani - e di Ravenna.
Con l'inizio del
nuovo Secolo il sistema tranviario cominciò a mostrare le proprie carenze: la
velocità commerciale di soli 18 km/h determinava un tempo di percorrenza di ben
90 minuti da Ravenna a Forlì e di 44 minuti da Forlì a Meldola (orario 3 giugno
1901, ma in precedenza le prestazioni erano ancora peggiori); tuttavia fino
allo scoppio della prima guerra mondiale il traffico si mantenne su dei buoni
livelli: nel 1906 si trasportarono 181.528 viaggiatori e 67.765 tonnellate di
merci.
La fine
La tranvia uscì
piuttosto malconcia dal periodo bellico, durante il quale aveva subìto anche un
mitragliamento da parte dell'aviazione austriaca: i bilanci cominciarono a
segnare il rosso e a nulla valsero i tentativi di rilancio, comprendenti anche
un progetto di elettrificazione della linea che nel 1924 sembrò sul punto di
realizzarsi, ma che non ebbe seguito. Ugualmente non ebbero seguito i progetti
di estendere la rete tranviaria romagnola, che prevedevano una linea lungo la
via Emilia fino a Cesena e un prolungamento a Cesenatico.
Nel frattempo
prendeva sempre più piede il trasporto pubblico automobilistico: nel 1920 la SITA,
società del Gruppo FIAT, aveva fondato la sede di Forlì, attivando le linee per
Firenze, attraverso il passo del Muraglione, Santa Sofia, Premilcuore, ma anche
verso la costa (Forlì–Cervia–Cesenatico nel 1923).
La SITA si
candidò dunque a gestire il servizio sostitutivo del tram, e per il vecchio
“macinino”, che non poteva competere con il nuovo mezzo su gomma, si avvicinava
sempre più l'ultima ora: la cessazione del servizio merci avvenne il 3 dicembre
1929 mentre i passeggeri furono trasportati dai mezzi su rotaia ancora per
qualche settimana, fino al 10 gennaio 1930.
Dopo tanti anni
dalla cessazione, è quasi impossibile trovare tracce di questo impianto, ed è
così anche per quanto riguarda testimonianze e aneddoti. Per l'iconografia,
esiste un prezioso fondo alla Biblioteca Classense di Ravenna, comprendente
anche orari e altri documenti: le foto ivi contenute sono riprodotte in queste
pagine insieme ad altre tramandateci da quel tempo ormai lontano e giunte a noi
spesso alquanto degradate. In questo quadro, assume particolare interesse un
curioso episodio narrato in uno scritto del 1960 da un anziano ingegnere della
Motorizzazione Civile:
«...quando fu
soppressa, per vetustà, la tramvia a vapore Forlì–Ravenna, di 27 chilometri, e
sostituita con un autoservizio, il provvedimento, evidentemente opportuno, di
ammodernamento, suscitò vivaci proteste dal pubblico. Infatti il viaggio da
Forlì a Ravenna o viceversa, della durata di circa due ore coi treni tranviari,
veniva tradizionalmente utilizzato per discussioni sui prezzi di mercato dei
prodotti agricoli e per trattative fra compratori e venditori, mentre la
rapidità del nuovo mezzo di trasporto non consentiva più di svolgere alcuna
proficua discussione durante il viaggio tra i due capoluoghi, ridotto a mezz'ora
di corsa veloce su un traballante autobus sempre sovraccarico».
BIBLIOGRAFIA
Paride
Pintus, Tramway un mezzo di locomozione per la Romagna. 50 anni di storia
fra realtà e utopia, ed. Il Borgo, Castrocaro T., 1989.
Gian
Guido Turchi, Romagna in tram, ne “i Treni”, ed. ETR, n. 164 - ottobre
1995, pagg. 18–21.
Wikipedia,
voci “Tranvia Forlì–Meldola” e “Tranvia Forlì–Ravenna”.
DLF
Forlì, Forlì, la città, la stazione. Una storia, 1993.
Classe
archeologia e cultura, Area Museale Vecchia Pesa, 2016.
FOTOGRAFIE
1. La stazione tranviaria di Meldola, ai piedi della Rocca (Pintus).
2. La lapide commemorativa dell'avvocato Giovanni Brusaporci, artefice del progetto di collegamento tranviario con Forlì e Ravenna, che si trova nella ex stazione di Meldola (foto Filippo Ricci).
4. … e quello della Forlì–Ravenna, con la diramazione per Classe costruita nel 1900 (WP).
5. Locomotiva cabinata “Ghibullo” da 70 CV (51 kW), facente parte del Gruppo 1–8, costruita a Milano dalla Cerimedo nel 1883 (Archivio Storico Breda).
5. Locomotiva cabinata “Ghibullo” da 70 CV (51 kW), facente parte del Gruppo 1–8, costruita a Milano dalla Cerimedo nel 1883 (Archivio Storico Breda).
8. Fermata a Ghibullo. Notare l'agente con in mano i documenti di viaggio (Archivio Biblioteca Classense).
12. Il passaggio del tram visto dalla chiesa di Santa Maria in Porto (Archivio Biblioteca Classense).
14. Ravenna, via Alberoni. Una locomotiva isolata si è appena immessa nel raccordo per la Darsena (Archivio Biblioteca Classense)
15. Un convoglio appena partito dal capolinea di Ravenna esegue una “S” sul corso Garibaldi (Archivio Biblioteca Classense).
16. Svolta dalla via Darsena nella via Alberoni, dove si trovava l'attraversamento a raso della ferrovia (Archivio Biblioteca Classense).
17. Ravenna nel 1916. Il raccordo per la Darsena risulta istradato lungo la via Canale Molinetto e la Circonvallazione Piazza d'Armi invece che sulla via Alberoni (da Guida d'Italia TCI, coll. Renzi).
18. Lo zuccherificio di Classe veniva raggiunto in tram anche con corse speciali come questa (Classe archeologia e cultura 2016).
22. Maggio1929, uno degli ultimi orari: solo tre coppie di corse e tempi di percorrenza... biblici (collezione Renzi).
23. Elenco delle locomotive della tranvia Ravenna–Forlì–Meldola (da G.G. Turchi, Romagna in tram, “i Treni” n. 164).
24. Davanti al palazzo Doria Pamphili, sede del Municipio di Meldola, sosta un'autocorriera della SITA: allora come oggi era possibile fare coincidenza (ma dal tram all'autobus) per raggiungere Santa Sofia (da Un bus chiamato SITA di N. Cefaratti, Calosci 1989).
25. Come si presenta oggi la stazione tranviaria di Meldola, sede del Consorzio Agrario. Ai lati dell'edificio d'origine sono state aggiunte le due ali (foto Filippo Ricci).
26. La strada Ravegnana tra Forlì e Ravenna, lungo il fiume Ronco, conserva quasi intatti i caratteri di una volta: a Ghibullo il caseggiato della foto 8, ancora esistente, oggi fa da sfondo al passaggio degli autobus in servizio sulla linea 156 che collega i due capoluoghi (foto Gian Marco Assirelli).
Grazie per questa bella testimonianza.
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