giovedì 12 luglio 2018

La “Biga”


1968: UNO STRANO VEICOLO CIRCOLA SULLA VIA EMILIA…

di Roberto Renzi – 12/07/2018

All’inizio del 1967, quando viene decisa la cessazione del servizio filoviario nella città di Brescia, gli otto filobus AR 910 F45 dell’Azienda Servizi Municipalizzati (SSMM) hanno un’anzianità inferiore ai dieci anni e costituiscono pertanto una buona occasione sul mercato dell’usato.
Queste macchine sono azionate da un motore CGE CV 1227A, naturale evoluzione del CV 1218 montato sui FIAT 2401 riminesi. Dispongono di tre porte e offrono un adeguato numero di posti, al contrario delle decrepite e poco capienti vetture del 1939, la cui sostituzione è ormai impellente.
Dopo alcune visite all’azienda bresciana, i tecnici dell’ATAM stilano un rapporto che raccomanda l’acquisto. Acquisto deliberato dalla Commissione Amministratrice che il 6 aprile 1967 stanzia a tale scopo la somma di 30 milioni di lire. Nell’importo è compreso anche un gruppo mutatore CGE che si conta di adibire a riserva di quello installato nella sottostazione di Riccione.
Per il trasferimento da Brescia a Rimini, circa 300 km, in luogo del traino – per il quale il Codice della strada richiede un particolare tipo di veicolo trattore e la scorta da parte di agenti della Polizia stradale – il direttore dell’ATAM Alfredo Torreggiani, insieme ai tecnici aziendali, concepisce l’idea di adottare una “soluzione autonoma”, vale a dire un gruppo elettrogeno alloggiato a bordo, che fornisca l’energia necessaria a far muovere il filobus anche in assenza di linea aerea.
Poiché i motori a corrente continua hanno la caratteristica della reversibilità (fungono cioè da generatore se opportunamente eccitati), in un primo momento si pensa di usare a tale scopo il propulsore di un filobus 656E, proveniente dalle scorte di officina, accoppiandolo coassialmente a un Diesel tipo OM-COD da 39 kW (54 CV), prelevato da un autocarro “Leoncino” messo a disposizione da un demolitore di Reggio Emilia.
Le prove al banco sono confortanti, ma quando il motogeneratore viene impiegato per muovere un filobus tipo 2401, i risultati sono deludenti a causa dell’eccessiva resistenza all’avviamento.
Si opta così per l’accoppiamento di un motore Diesel FIAT 309/220H da 110 kW con un motore elettrico CGE CV 1218, che offre una potenza massima di 90 kW contro i soli 25 dei vecchi motori CV 1131 montati a coppie sui filobus della dotazione originaria.
Questo secondo tentativo, realizzato con gruppi disponibili tra le scorte aziendali, dà finalmente i risultati sperati, ma la voluminosità e la massa del generatore così ottenuto sono tali da escludere che lo stesso possa essere ospitato a bordo delle vetture filoviarie da trasferire.
Si rende quindi necessario allestire un veicolo rimorchiato per alloggiare il complesso dispositivo, che oltre ai due gruppi comprende il giunto d’accoppiamento (del tipo usato sull’autocarro FIAT 682 per collegare il motore al cambio), i circuiti di comando, il serbatoio del gasolio e le batterie.
Verificato con i funzionari della Motorizzazione Civile quanto dispone in materia il Codice della strada, si decide di configurare il veicolo come “rimorchio ad uso speciale”, secondo il disposto del testo di legge.
Una volta realizzato il telaio, il gruppo elettrogeno vi è installato tramite interposizione di elementi elastici onde impedire la trasmissione di vibrazioni al telaio stesso, che viene dotato di uno speciale supporto per il radiatore, la ventola e l’albero di collegamento. Non essendo il veicolo dotato di freni, non è presente il compressore dell’aria. Sulla pompa d’iniezione si applica un regolatore tarato per un massimo di 1750 giri (per poter ottenere la tensione di 600 Volt), comandato da un rudimentale acceleratore.
Il veicolo ha una massa totale di 2660 kg e a causa del suo aspetto (un solo asse sovrastato da una carenatura quasi integrale) viene subito soprannominato “la Biga” dal personale di officina. Durante le prove, il complesso filobus+rimorchio generatore fa registrare un ottimo spunto e raggiunge i 50 km/h.
Grazie al disposto del Codice della strada che consente di non munire di carta di circolazione i veicoli circolanti a scopo di prova tecnica, non si incontrano lungaggini burocratiche per ottenere l’omologazione. E così il 29 dicembre 1967, alle 14.30, la vettura filoviaria 64 esce dai cancelli del deposito bresciano e si avvia verso Rimini, percorrendo la viabilità ordinaria, in particolare la via Emilia.
Nonostante le avverse condizioni climatiche e l’inconveniente di un’avaria al gancio di trazione che ha comportato una sosta fuori programma di tre ore, il trasferimento si svolge «in modo ottimo, quasi entusiasmante». La velocità media, al netto delle soste, risulta di 50 km/h, con punte di 70. «Unico inconveniente registrato è la diseccitazione del generatore in discesa», scrive l’ingegner Torreggiani nella sua relazione, conclusa da un doveroso ringraziamento al capo deposito Tino Panigalli «che con estrosa competenza ha saputo e voluto impegnarsi» e a tutti gli operai. La “Biga” compirà fino in fondo il suo dovere, trasferendo a Rimini le altre sette vetture filoviarie nei primi mesi del 1968. Usata in seguito saltuariamente, verrà infine privata del motogeneratore e trasformata in carrello di servizio porta cavi.
A Rimini i filobus ex Brescia saranno tutti immessi in servizio nel giro di due anni e assumeranno in parte i numeri di matricola delle anziane vetture risalenti all'inaugurazione della filovia (vedi l'articolo I Filobus della Rimini - Riccione), per poi finire la loro carriera tra il 1977 e il 1978, con l'entrata in servizio dei Mauri-Volvo.

Le notizie sono tratte dalla relazione dell'ing. Alfredo Torreggiani "Su un modo di risolvere il problema del trasferimento su strada dei veicoli filoviari e considerazioni relative" (10 gennaio 1968); alla relazione erano allegate alcune immagini, quasi tutte purtroppo di scarsa qualità, che si riproducono di seguito insieme ad altre di cui è indicato l'autore.

1 – Foto ufficiale del carrello attrezzato con motogeneratore.


2 – Uno dei dieci filobus ex SITA della dotazione originaria (1939) ancora in servizio nel 1968 a Rimini: si tratta dell'unità 1008 (FIAT 668F-CGE), che sarà tra le ultime quattro a essere radiate, nel 1971 (Biblioteca Gambalunga, Fondo Davide Minghini).


3 - Filobus a due assi a scocca portante Tubocar realizzato su gruppi meccanici Alfa Romeo 910 AF con equipaggiamento elettrico CGE, facente parte della seconda fornitura di 8 filobus prodotti negli anni 1959/1961 immatricolati da ASM Brescia nel gruppo 57–64. Questo modello costituiva un’aggiornamento rispetto alla prima fornitura di 8 vetture realizzate da Casaro nel biennio 1953-1954 su gruppi meccanici Alfa Romeo 910 AF con equipaggiamento elettrico TIBB, immatricolate da ASM nel gruppo 49–56. Rispetto alla prima serie le vetture del gruppo 57–64 differivano nell’equipaggiamento elettrico, CGE invece di TIBB (Archivio storico Casaro Autocostruzioni Torino - Studio fotografico Alberto & Chialvo Carmagnola).


4 – La vettura 61 in sosta al capolinea di Mompiano sulla linea 5 della rete bresciana nel 1964 (foto Claudio Pedrazzini).


5 – Tecnici ATAM e ASM sul piazzale del deposito di Brescia in occasione del trasferimento di una vettura filoviaria. Il secondo da sinistra è Tino Panigalli, capo operaio responsabile degli impianti elettrici e della trazione filoviaria; il penultimo è l'ingegner Torreggiani.


6 – La vettura 64 fotografata prima della presa in consegna da parte dei tecnici riminesi. Notare il vistoso "porta numero" sopra al "plurimus" e le sfere inserite nei paraurti, particolari poi soppressi  prima dell'entrata in servizio sulla Rimini–Riccione.


7 – La "biga" accoppiata a un filobus durante il trasferimento a Rimini.


8 – L'unità 58 ASM, divenuta 1006 ATAM, fu tra le prime a entrare in servizio sull'Adriatico, già dall'estate 1968. La vediamo in sosta al capolinea di Miramare il 25 luglio 1968 (foto Mario Diottallevi).


9 – Tra il 1968 e il 1970 tutte e otto le vetture furono immesse sulla Rimini–Riccione, consentendo la radiazione dei vecchi filobus. L'unità 1009 (ex ASM 61) è qui ripresa a Riccione nel 1970, sulla svolta che dal viale Dante immetteva al vecchio capolinea dei Giardini, abbandonato nel 1985 (foto Haseldine).  



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