giovedì 19 aprile 2018

UN AUTOBUS SU ROTAIE


di Roberto Renzi - 19/04/2018

"Littorina": un termine conosciuto praticamente da tutti gli italiani e sopravvissuto senza problemi al Regime che lo aveva coniato: è il fortunato sinonimo di quella che nel lessico ferroviario si chiama "carrozza automotrice" o, più semplicemente, "automotrice".
In breve, si tratta di un veicolo su rotaia che riunisce in sé l'apparato motore e gli spazi per ospitare viaggiatori e bagagli, esattamente come in un autobus.
E certe "littorine", in particolare quelle a trazione termica e a due assi un tempo diffuse sulle ferrovie secondarie, assomigliavano veramente a un autobus, sia per le dimensioni, sia per il fatto di non essere bidirezionali: avevano una sola postazione di guida e, non essendo munite del ponte invertitore, avevano la marcia indietro analogamente a un veicolo stradale.
Tra le più famose littorine a due assi vi sono le "emmine", così chiamate perché la loro capostipite è l'automotrice M.1 della Società Mediterranea Calabro-Lucane (MCL), che nasce nel 1933 con lo scopo di abbattere le spese di esercizio della trazione a vapore, riducendo allo stesso tempo i tempi di percorrenza, sulle linee secondarie a scartamento ridotto.
Le "emmine" furono costruite dalla Carminati & Toselli (prima serie), dalla OM (seconda serie) e dalla Piaggio (con carrozzeria autoportante in acciaio inox); erano lunghe dagli 8 ai 9,5 metri e potevano trasportare una trentina di viaggiatori. 
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, a cura delle Officine Ranieri di Roma furono costruiti ulteriori esemplari di "emmine" per le Calabro-Lucane, la cui carrozzeria aveva un aspetto molto simile a quello degli autobus dell'epoca. Alcune unità erano equipaggiate per circolare sui tratti a cremagliera: sulla linea Catanzaro–Catanzaro Lido, equipaggiata con dentiera tipo Strub, avrebbero prestato servizio fino alla metà degli anni Ottanta. 
Se il grosso di questi autobus su rotaie circolò sulla rete delle Calabro-Lucane (nel frattempo divenute FCL), dal 1952 al 1960 tre esemplari in tutto simili alle "emmine" dell'ultima fornitura, classificati ALn 35.01-02-03, furono in forza alla Gestione Governativa Ferrovie Padane, che li impiegò sulla linea Rimini–Novafeltria.
Nell'anno 1948 si era concluso il completo ripristino della ferrovia della Valmarecchia, comprendente anche importanti rettifiche di tracciato, ma il servizio era ancora affidato alle vecchie vaporiere che impiegavano oltre un'ora e mezza per collegare i due capilinea, ora distanti 33,231 km, con sole tre coppie di treni giornaliere. 
Una situazione insostenibile, che non mancò di alimentare  voci di soppressione della linea appena riaperta. Occorreva un radicale rinnovo dei mezzi di trazione: in un primo momento il Ministero ventilò l'ipotesi in inviare a Rimini due automotrici RALn 60, facenti parte del lotto di 25 unità costruite per la rete siciliana FS a scartamento ridotto (950 mm come la Rimini–Novafeltria), ma non se ne fece nulla. 
La necessità di rinnovamento ebbe una risposta solo nel gennaio del 1952, allorché giunse a Rimini la prima automotrice Diesel a due assi da 35 posti, immatricolata - secondo la pratica FS - ALn 35.01, costruita dalle Officine Raffaele Ranieri di Roma sul progetto delle collaudate “emmine” delle Calabro-Lucane.
Si trattava di un rotabile destinato, nell'immaginario collettivo, a sostituire "il treno" (più vagoni aggaciati alla locomitiva) con la "littorina", rotabile di ridotte dimensioni - era lunga 9,5 m - circolante isolato oppure trainando al massimo un rimorchio. 
Quest'ultima possibilità costituiva un "plus" rispetto "emmine" calabro-lucane, che non possedevano organi di aggancio e hanno circolato isolate per tutta la loro vita operativa.  
E proprio con il traino di una vettura a due assi debitamente zavorrata per raggiungere la massa di 10 tonnellate si svolsero il 20 maggio 1952 tra Rimini e Torello le corse di prova ufficiali dell'ALn 35.01 e delle sue sorelle 02 e 03, che raggiunsero in piano e in rettifilo i 45 km/h. Nonostante la presenza delle  rampe (30 mm/m) per giungere alla stazione di Verucchio e ridiscenderne, percorse da tutte le unità a 25 km/h, la velocità media sull'intero percorso fu pari a 35 km/h.
Mentre l'addio alle vecchie vaporiere fu solennemente officiato con una memorabile cerimonia nella stazione di Novafeltria il 21 gennaio 1952, le nuove automotrici si preparavano a entrare in servizio con l'orario estivo: il numero di treni passò così da tre a sei coppie e il tempo di percorrenza fu ridotto fino a 71-72 minuti. Per qualche tempo un'andata e un ritorno - arrivo a Rimini alle 7.12 e ripartenza dapprima alle 13.07, poi alle 18.30 - restarono appannaggio del vapore (le coppie di treni erano intanto divenute sette), ma con l'orario 23 maggio 1954 anche quest'ultimo residuato del vecchio esercizio scomparve.
Con sole tre unità in servizio e il traffico passeggeri in costante aumento non era facile assicurare quattordici treni al giorno (festivi compresi): fu così che nel 1955 le Padane ricevettero dalle Officine Ranieri una quarta automotrice (ALn 52.10), stavolta a carrelli e dalla potenza adeguata a trainare due carrozze.
La breve vita delle nostre "littorine" lungo la Valmarecchia si svolse così fino al 15 ottobre 1960, giorno della cessazione del servizio ferroviario, di certo senza infamia e senza lode; mentre il nascente pendolarismo per motivi di studio o di lavoro richiedeva la messa a disposizione di un maggior numero di posti, le piccole ALn 35 avevano cercato di dare il meglio di sé trascinandosi dietro una rimorchiata a carrelli, ricostruzione delle vecchie carrozze costruite per questa linea dalle "Reggiane" nel 1916. Un convoglio di tal fatta offriva un centinaio di posti a sedere, mentre alla ALn 52.10 - che di rimorchiate poteva trainarne due – erano assegnate le corse più affollate, come quella ascendente di mezzogiorno che per qualche tempo aveva richiesto l'effettuazione, nelle giornate di mercato, di un "ante" limitato a Corpolò o a Villa Verucchio.
Nel febbraio del 1961, chiusa al traffico da alcuni mesi la ferrovia della Valmarecchia ed espletati gli ultimi "treni ramazza" per concentrare tutto il materiale sul piazzale di Rimini Centrale, tutte le automotrici partirono alla volta di Catania, acquistate dalla Ferrovia Circumetnea (FCE) insieme alla carrozza passeggeri C101 e alcuni carri, nonché le quattro piattaforme girevoli da 5,5 m indispensabili per il cambio del senso di marcia delle ALn 35.
Alle pendici dell'Etna le "due assi" ex Padane, poco capienti e dalle prestazioni modeste, non ebbero vita lunga e finirono demolite al principio degli anni Ottanta. Meglio andò alla "carrelli", da ultimo impiegata come mezzo di soccorso e la cui storia si è conclusa soltanto nel 2015, demolita dopo anni di accantonamento.
Detto che si trattava di un rotabile a due assi monodirezionale, resta da vedere com'era fatto questo autobus su rotaie. Le immagini che seguono, tra cui alcune inedite scattate dall'autore all'età di sette anni, ben documentano come i 35 posti a sedere erano disposti in direzione del senso di marcia su file di quattro, più tre contro marcia dietro il divisorio della cabina di guida; nel mezzo dell'automotrice c'erano le porte d'accesso, una per lato, a battente e funzionamento manuale; la cabina di guida era isolata dall'ambiente viaggiatori e dotata di proprie porte d'accesso dall'esterno.
La cassa, in laminati d’acciaio interamente saldati, era autoportante. Analogamente alle "emmine" delle Calabro-Lucane ricostruite, la motorizzazione era costituita da residuati di guerra: il motore era un Diesel General Motors 671 a 6 cilindri da 6977 cm3 e 2000 giri/min, prodotto negli USA per i carri armati Sherman, completo del suo cambio meccanico a cinque marcie e del ponte di trasmissione che agiva sul solo asse posteriore (rodiggio 1A, distanza tra gli assi 4200 mm); poteva sviluppare una potenza di 165 CV (120 kW), la velocità massima era di 45 km/h.
All'incirca della stessa potenza erano i motori che equipaggiavano i coevi autobus FIAT 309, destinati a sostituire - senza peraltro tirare rimorchi - le "littorine" sull'accidentato percorso della strada Marecchiese, che verrà rettificata ed ampliata solo nel 1973 proprio sul sedime ex ferroviario. Quanto all'inquinamento prodotto da questi motori Diesel... beh, si era proprio lontanissimi dalle attuali norme Euro e forse facevano rimpiangere il fumo "buono" delle vaporiere!
La frenatura pneumatica Westinghouse agiva su entrambi gli assi e così pure il freno a mano. L’aria necessaria al freno e al servocomando pneumatico della frizione era prodotta da un compressore azionato direttamente dal motore. 
Per concludere diremo che il diametro delle ruote era di 720 mm, la lunghezza ai respingenti e la larghezza massima erano rispettivamente 9580 mm e 2660 mm, l'altezza massima sul piano del ferro 3050 mm.
Anche se potenza e dimensioni erano quelle di un autobus, per tutti i riminesi e gli abitanti della Valle questa è rimasta nel ricordo come la "Littorina", un mezzo che, avvicendatosi ai treni a vapore che tanto hanno dato a questa vallata, ha rappresentato l'ultimo stadio del servizio su rotaia, passando il testimone a una linea su gomma che negli anni ha visto un costante aumento della frequentazione, forse anche per il peso di una grande tradizione rappresentata da un altro nome: le "Padane".

SULL'ARGOMENTO VEDI ANCHE:

Una riproduzione del libretto dell'ALn 35.02 si trova in rete a questo indirizzo:



Su Trasporti Pubblici in Romagna:





...e naturalmente il fondamentale libro di Gian Guido Turchi, Da Rimini a Novafeltria in treno, ETR Salò 1986.


Infine, su You Tube, lo storico documentario radiofonico Scartamento ridotto di Sergio Zavoli (1952), rimasterizzato dal sottoscritto nel 2012:



FOTOGRAFIE

1 (TITOLO) – Foto Dario Curzi (Rimini Centrale, 1956).

2 – All'inizio degli anni Cinquanta le anziane vaporiere Breda trainavano ancora i treni passeggeri e merci lungo i 33 km della Rimini–Novafeltria. La foto è presa in quell'epoca presso la cava di Borgnano  (collezione Ido Rinaldi).

3 – Tecnici e personale delle Padane visibilmente soddisfatti per l'arrivo della prima automotrice Diesel, durante la corsa di prova per l'ammissione al servizio del 20 maggio 1952 (foto Dario Curzi).


4 – Carrozze a due assi provenienti dalla cessata ferrovia Ostellato–Porto Garibaldi fotografate a Rimini Centrale FP. Una di queste fu presumibilmente utilizzata per la corsa di prova delle ALn 35 (foto Renzo Renzi).


5 – Inizialmente le "littorine" a due assi sfoggiavano una vistosa livrea grigio-argento che fu estesa ad almeno una delle quattro carrozze (Reggiane, 1916) ricostruite nel dopoguerra (foto Dario Curzi).


6 – Un'ALn 35 è appena arrivata nella stazione di Rimini Porta Montanara trainando una carrozza a carrelli; al capolinea di Rimini Centrale manca l'ultimo kilometro, da percorrere lungo i bastioni medievali transitando anche davanti all'Arco d'Augusto (autore ignoto, foto tratta da Facebook).


7 – Pietracuta 1952. Automotrice isolata proveniente da Rimini ferma sul binario d'incrocio (foto Dario Curzi).


8 – Pietracuta 1952. Incrocio tra due ALn 35. In questa foto sono visibili a destra il grande fabbricato viaggiatori e il magazzino merci costruiti per l'incompiuta linea Santarcangelo–Urbino–Fabriano; a sinistra la vecchia stazioncina della Padane, abbandonata dopo la rettifica di percorso del 1948 (foto Dario Curzi). 


9 – La stazione di Villa Verucchio con una "littorina" in partenza per Rimini (collezione Roberto Renzi).


10 – Essendo le ALn 35 monodirezionali, si rivelarono indispensabili le quattro piattaforme girevoli da 5,5 m esistenti nelle stazioni di Rimini Centrale (nella foto), Villa Verucchio, Pietracuta e Novafeltria (foto Roberto Renzi).


11-12 – Gli interni della "littorina" a due assi. L’unica cabina di guida era sistemata nella parte anteriore del mezzo, separata con un divisorio dallo scompartimento viaggiatori. I 35 posti a sedere erano imbottiti ma privi di poggiatesta (foto Roberto Renzi).



13 – Scatto un po' avventuroso in cabina di guida. Si nota il "volante" che nelle automotrici dell'epoca a trasmissione meccanica serviva come freno a mano (foto Dario Curzi).


14 – L'orario 17 maggio 1953 mostra sette coppie di treni, oltre a una coppia da effettuarsi nei giorni di mercato a Rimini e limitata a Corpolò. Poiché la piattaforma girevole si trovava a Villa Verucchio, pare scontato che fino a questa stazione si procedesse a vuoto. Questo è forse l'ultimo orario in cui compaiono treni con trazione a vapore (treni 2 e 11), con un tempo di percorrenza decisamente superiore a quello delle automotrici (treni AT) (collezione Roberto Renzi).


15 – Immagine di vita quotidiana nella stazione di Rimini Centrale. Interessante notare l'ALn 35 che sta manovrando mentre un'unità simile è in sosta sul binario del magazzino merci. Si nota che tutto il Gruppo è stato ricolorito in castano e Isabella, i colori dei mezzi automotori FS dell'epoca. Sullo sfondo le vecchie vaporiere già accantonate, tra le quali il celebre "cubo" numero 4 oggi in forza alla ferrovia-museo Blonay–Chamby, ultimo rotabile ancora esistente e funzionante della linea della Valmarecchia! (foto Dario Curzi).


16 – La ferrovia di una volta trasportava pacchi e collettame per caricare i quali vi erano carrozze come quella in sosta sul binario di destra, mista passeggeri e bagagliaio (BD). Agganciata alla "littorina" in partenza per Novafeltria vi è invece una carrozza passeggeri, ricostruita a classe unica ma che in origine era di prima e terza classe (foto Dario Curzi).


17 – Nel 1956 entrò in servizio l'automotrice a carrelli ALn 52.10, che apportò un deciso miglioramento al servizio ma era destinata a restare un esemplare unico (foto Dario Curzi).


18 – Per chi dubitasse che le "due assi" potessero trainare una carrozza a carrelli fino a Novafeltria, questa foto scioglie ogni dubbio. Il manovale sta sganciando la rimorchiata dall'ALn 35.02 in modo da permetterne l'aggiramento per il ritorno a Rimini, previa giratura sulla piattaforma (foto Mariano Garzi).


19 – Partiti da Novafeltria, la prima stazione che si incontrava era quella di Secchiano: in questa cartolina degli anni Cinquanta si vedono più "curiosi" che passeggeri... (collezione Aldo Viroli).


20-21 – Il Ponte Santa Maria Maddalena, a 26 km da Rimini Centrale, accoglieva sia la sede stradale che quella ferroviaria. Nella seconda immagine si vede in transito un'ALn 35 diretta a Rimini (collezione Roberto Renzi).



22 – Il tratto di linea compreso tra la rampa a valle di Verucchio e l'ingresso nella città di Rimini si svolgeva in affiancamento alla strada Marecchiese: così avveniva nel 1960 l'attraversamento dell'abitato di Corpolò (foto Mariano Garzi).


23 – L'ALn 35.01 in piena corsa sul binario posato a lato della strada, la cui rimozione, dopo la chiusura della linea, permetterà l'allargamento della trafficatissima S.S. 258 (foto Mariano Garzi).


24 – Il "ghetto" di Spadarolo, alle porte di Rimini, fermata facoltativa del treno nota anche come "Bar Cecchini" (foto Mariano Garzi).


25 – Riproduzione di uno degli ultimi orari di servizio della Rimini–Novafeltria (treni dispari), che mostra come la velocità massima consentita alle automotrici fosse di 45 km/h; sono anche riportati vari rallentamenti relativi ai punti di maggior conflitto con la viabilità ordinaria. Tra stazioni e fermate, le località di servizio intermedie erano 16; con l'avvento dall'autoservizio sostitutivo il numero delle fermate subirà un ulteriore incremento.


26 – Due settimane dopo la cessazione del servizio su rotaia, le quattro automotrici sono allineate sul binario 3 di Rimini Centrale, in attesa di decisioni sul loro futuro. Nel febbraio del 1961 saranno trasferite a Catania per riprendere servizio sulla Ferrovia Circumetnea (foto Renzo Renzi).


27 – Nel 1980 le automotrici a due assi ex Padane erano già accantonate fuori uso nella stazione di Riposto (Archivio Roberto Renzi).



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