di Roberto
Renzi - 17/06/2017
Nel 1922,
a coronamento di rivendicazioni più che decennali e dopo una “insurrezione
popolare” fomentata dalle locali camicie nere in pieno ferragosto, Riccione si
staccò da Rimini, divenendo comune autonomo.
Riccione,
con 5.600 abitanti e 20.000 presenze turistiche, aspirava a diventare la più
seria concorrente della vicina Rimini, grazie anche all’indiretta pubblicità
offertale dai soggiorni marini del Duce, che in quegli anni cominciò a
trascorrere qui le proprie vacanze, fino all’acquisto alcuni anni più tardi di
quella che diverrà “Villa Mussolini”.
Al di là
della concorrenza tra i centri balneari, c’era un altro modo per intendere
l’espansione ormai irrefrenabile della “città costiera”, vederla cioè come il
processo di formazione di «un unico grande centro a vocazione turistica». La
pensava così il “quadrumviro” Italo Balbo, all’epoca sottosegretario
all’economia nazionale, che nell’agosto 1925 lanciò la grandiosa idea del
“lungomare romagnolo”: una strada alberata, illuminata, asfaltata, lungo gli
oltre cinquanta kilometri di costa che vanno da Cervia a Cattolica.
Quest'opera
“veramente romana” sarebbe stata interamente percorsa da una tranvia elettrica,
anticipazione di una “metropolitana di costa” che ancora oggi costituisce un
sogno irrealizzato.
(In "copertina"). Cartoncino
con l'invito alla cerimonia inaugurale. La data è indicata con il solo mese di
giugno, forse il giorno esatto fu deciso all'ultimo momento (collezione
Ferruccio Farina)
1. All'epoca
era già attiva da molto tempo una linea tranviaria urbana tra il centro di
Rimini e il Sanatorio Comasco, primo nucleo della futura località balneare di
Bellariva, lungo la strada litoranea di levante. Aperta all'esercizio nel 1877
con trazione animale, la tranvia riminese fu elettrificata solo nel 1921, dopo
vari prolungamenti che ne avevano portato l'estensione a circa 5 kilometri.
I
deludenti risultati della gestione privata affidata alcuni anni prima alla
Società Anonima Trasporti Elettromobili (SATE) e il desiderio di attuare al più
presto i prolungamenti che avrebbero consentito di dotare la costa di un’estesa
rete tranviaria, fecero sì che venisse favorevolmente accolta dal Comune di
Rimini la proposta di acquisto della tranvia avanzata nella primavera di quello
stesso anno dall’imprenditore Augusto Cardelli, già esercente il tram a cavalli
(Archivio TIBB).
2. Dal primo
aprile 1926 l’esercizio della tranvia veniva assunto per quarant’anni dal
Cardelli, con l’impegno a compiere importanti miglioramenti all’impianto.
Il primo,
per il quale fu dato immediato inizio ai lavori, consisteva nella modifica del
percorso nel centro cittadino: finalmente si era deciso di far transitare il
tram dalla stazione ferroviaria, tagliata fuori dal primitivo percorso che si
sviluppava lungo la via Gambalunga. Come documenta questa immagine, il binario
venne posato sul corso d’Augusto, tra le piazze Cavour e Giulio Cesare, per
proseguire sul “corso Nuovo” (poi via IV Novembre), transitando davanti al
Tempio Malatestiano e al seicentesco oratorio di San Girolamo e sulla via Dante
(Biblioteca Gambalunga, archivio fotografico).
3. Nella
foto, operai al lavoro per l'impianto della linea aerea in piazza Giulio Cesare
(oggi Tre Martiri) mentre transita un tram diretto agli “Ospizi Marini”,
località che diventerà Bellariva nel 1929
(Archivio Cariboni Lecco).
4. Il nuovo
istradamento comportò un allungamento del percorso, ma l’esercizio poté
beneficiare di un nuovo punto di incrocio in piazza Giulio Cesare (la tranvia
era a binario unico); questo si trovava a circa duecento metri dal capolinea di
piazza Cavour e consentì di ridurre l’intervallo tra le corse, pur considerando
il vincolo rappresentato dalla necessità di percorrere a velocità ridottissima
il corso d’Augusto, naturale sede del “passeggio” dei riminesi e perciò molto
affollato in tutte le ore del giorno (collezione Roberto Renzi).
5. Un altro
raddoppio utile agli incroci si trovava davanti alla stazione ferroviaria, nel
piazzale Cesare Battisti, dove vediamo sostare un convoglio tranviario diretto
verso il mare (collezione Giuseppe Semprini).
6. Al primo
punto degli impegni presi dalla ditta Cardelli con il Comune di Rimini vi era
la costruzione del prolungamento della tranvia dagli Ospizi Marini a Riccione.
Nell’estate 1926 il nuovo percorso fu realizzato solo fino allo “scambio” di
Miramare, una località che già da diversi anni attirava un sempre più
consistente flusso turistico, grazie anche alla fermata ferroviaria stagionale
attivata nel 1912: il 18 luglio il prolungamento fu inaugurato alla presenza di
Sindaco e Sottoprefetto (collezione Giuseppe Semprini).
7. Un anno
dopo avvenne l’inaugurazione dell’ultimo tratto della linea: i quattro
kilometri e mezzo che finalmente consentivano al binario di varcare il torrente
Marano e di attestarsi nel centro turistico di Riccione.
La
giornata di domenica 26 giugno 1927 iniziò in piazza Cavour con le vetture
tranviarie numero 4 e 1 seguite dai rispettivi rimorchi (33 e un altro non
identificato) pavesate con il tricolore e che portavano sull’imperiale la targa
«rimini riccione».... (foto
Ulisse Conti, coll. Davide Damiani).
8. …e proseguì
con il rito della benedizione al confine tra i due comuni, officiato da
monsignor Mauri. Il tram correva in una zona ancora caratterizzata da dune
sabbiose, ma l’auspicio della stampa dell'epoca era che «presto sorgano anche qui ville ed alberghi» (riproduzione da cartolina commemorativa, ATAM 1985).
9. Il viaggio
inaugurale terminò con l’arrivo del convoglio a Riccione, calorosamente accolto da una grande
folla che si era radunata al capolinea per assistere al lancio della
tradizionale bottiglia di Champagne da parte della madrina della cerimonia,
signorina Maria Riccioni, ed ai discorsi dei podestà di Rimini, Busignani, e di
Riccione, Lombardini. Era presente anche il prefetto di Forlì, Crispino (da
“Riccione una rotta nel vento”).
10. La
tranvia Rimini–Riccione, che quello stesso giorno cominciava il servizio
pubblico, nasceva come prolungamento dell’impianto urbano di Rimini, del quale
conservava le modeste caratteristiche, quali binario unico e vetture di
limitata capacità. Nel frattempo si erano aggiunti alla dotazione altri
rotabili, sempre a due assi: tre rimorchi, di costruzione Officine Casaralta
(nella foto) e due anziane motrici tipo Edison, acquistate usate presso
l’Azienda Tramviaria Municipale di Milano (da
catalogo Casaralta, collezione Aldo Viroli).
11. La
lunghezza d’esercizio della tranvia elettrica, pari a 5,075 km fino a che il
capolinea si trovava al Comasco (Bellariva) e il percorso cittadino era quello
d’origine, passò a 8,145 km nel 1926 con la modifica del tratto urbano per far
transitare la linea davanti alla stazione ferroviaria e l’estensione a
Miramare, e a 12,632 km con il prolungamento a Riccione dove il tronchino di fine
corsa, utilizzato per la manovra di inversione, terminava esattamente nel punto
in cui il viale Dante finisce contro la strada più importante e famosa della
“Perla verde”, viale Maria Ceccarini. (collezione Roberto Renzi).
12. Dopo
Miramare, superato il rio dell’Asse, modesto fossato che segna il confine
comunale, e il più importante rio Marano transitando sul ponte costruito nel
1924, il percorso proseguiva in linea retta, sul viale che sarà poi intitolato
a Gabriele d’Annunzio attraverso la località Fogliano (collezione Roberto
Renzi).
13. Analogamente
al tratto urbano di Rimini, le rotaie erano posate sul lato “monte” della strada litoranea, per cui nel viaggio
di ritorno il tram marciava di fatto contromano. Qui vediamo la vettura 3
(TIBB-Carminati & Toselli, 1921) diretta a Rimini; il cartello di
percorrenza è “barrato”: un segno che starebbe a significare, come ancor oggi,
un percorso limitato, mentre invece sulla nostra linea era impiegato per
indicare l'effettuazione dell'intero percorso (collezione Gian Guido
Turchi).
14. Dopo aver
imboccato un vialetto diagonale (l’odierno viale Cilea) completamente riservato
al tram, il binario correva sul più interno viale Dante. In questa immagine
degli anni Trenta la scena è dominata dalla celeberrima FIAT “Balilla”; in
primo piano i lampioni applicati a sbalzo sulle mensole della linea aerea (collezione Roberto Renzi).
15.
L'attraversamento del rio Melo (il porto-canale di Riccione): il bigliettaio,
sceso dalla motrice, sembra osservare il percorso in direzione del capolinea...
(da “Ritmi di ruote” di Ogliari-Sapi).
16.
…dove
il binario di raddoppio, necessario all'inversione tra motrice e rimorchio, era
collocato a fianco del monumentale teatro Dante, un edificio oggi non più
esistente (collezione Davide Damiani).
17. Nella sua
massima estensione la tranvia, armata con rotaie a gola (Phoenix) da 30 o 35
kg/m, raggiunse la lunghezza d'impianto di 12,737 km. Lo scartamento era quello
normale di 1445 mm. Lungo il percorso vi erano tredici “scambi” (così venivano
chiamati i binari di raddoppio per gli incroci), tre soli dei quali ricadevano
nel tratto Bellariva–Riccione (disegno Riccardo Bugli).
18. La linea
aerea (tensione 550 V=) era costituita da un filo di contatto di rame elettrolitico
della sezione di 64 mm2 fino alla progressiva 5+611 (Bellariva) e di
92 mm2 da detta progressiva al capolinea di Riccione. Sul
prolungamento da Bellariva a Riccione furono impiegati pali tubolari
(Mannesmann) in luogo di quelli a traliccio presenti sulla tratta iniziale; in
tutto erano in opera 198 pali a traliccio e 214 tubolari. Questa pagina, tratta
dall'opuscolo “Il palo tubolare Mannesmann nelle elettrificazione delle
linee ferroviarie e tranviarie” (1931), bene riassume le caratteristiche
dell'impianto (collezione Roberto Renzi).
19. Orario 1
ottobre 1932 delle corse extraurbane: frequenza (ogni ora) e soprattutto tempo
di percorrenza (52/53 minuti) non erano esaltanti. Durante i mesi invernali,
quando le attività economiche erano lontane dalla fascia a mare della ferrovia,
la frequentazione della tranvia si attestava su valori inferiori ai ventimila
passeggeri al mese, corrispondenti a una media di dieci persone per corsa e a
un incasso lordo mensile intorno alle 18.000 lire, ampiamente al di sotto delle
spese d’esercizio (collezione Aldo Viroli).
20. Grafico
dell'orario estivo, con una corsa ogni 15' fino a Bellariva. Oltre questo
punto, la frequenza 30' era la massima possibile, dato che quella di Rimini
Marina, seppur potenziata, rimaneva l’unica sottostazione elettrica della
linea, per cui da Bellariva a Riccione, dove l’alimentazione giungeva tramite
un feeder, potevano circolare al
massimo due motrici. Il raddoppio di Miramare veniva talvolta utilizzato per la
sosta di un rimorchio (sganciato da un tram ascendente e riagganciato da un
discendente): per aumentare la capacità di trasporto l'unico modo era
aggiungere un secondo rimorchio al convoglio tranviario.
21. Nel 1939
la tranvia Rimini–Riccione passò il testimone alla filovia. Il capolinea fu
arretrato ai Giardini, in un vialetto dove sarebbe rimasto fino agli anni
ottanta del Secolo scorso (collezione Roberto Renzi).
(22) INVIATI
SPECIALI A RICCIONE
(…) Vi
spiegherò che sono il primo e l’unico inviato speciale della rivista
“Rubicone”.
La quale
fa le cose alla grande. In compagnia dell’espertissimo amico Roberti mi ha
inviato a Riccione. Ci ha premuniti di due biglietti di andata e ritorno di
prima classe sul tranway che fa servizio da Rimini, un nuvolo di “buoni” che
serviranno ad acquistare le cose necessarie e quelle più impensate, e per
giunta, per colmo di gentilezza ha messo a nostra disposizione un’automobile
che ci ha accompagnati alla stazione di partenza del tranway.
Era a
salutarci il Direttore in persona, che ci ha fatto le ultime raccomandazioni di
prudenza, di acutezza e di economia. Al muoversi del tranway ha sventolato il
fazzoletto e si è asciugato gli occhi dalla commozione, e l’abbiamo visto
svanire nella nebbia della lontananza.
Durante il
viaggio, che è durato un’ora, abbiamo avuto modo di ammirare la bellezza del
paesaggio marino, a sinistra, collinoso a destra, ma soprattutto di
addormentarci.
Siamo
giunti. All’arrivo l’automobile dell’Albergo era ad attenderci. Una scarozzata
attraverso Riccione, una rinfrescata nelle onde e poi: al lavoro!
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